by Editore | 9 Gennaio 2012 9:32
Una ritorsione ad un presunto episodio di guerra informatica organizzato, nel 2006, da Venezuela e Iran contro gli Usa. Immediata la smentita del presidente Hugo Chà¡vez: «Washington si è inventata il “complotto” — ha detto Chà¡vez nel corso del suo programma Tv Alà³ presidente —. La minaccia in realtà è nei nostri confronti».
Il caso era emerso alla metà di dicembre, ma Washington ha deciso di usarlo in queste ore per lanciare un messaggio preciso. Da oggi sarà in America Latina il presidente iraniano Ahmadinejad che visiterà Venezuela, Nicaragua, Cuba e Ecuador. Una missione che rientra nella «strategia periferica» dell’Iran che ha tre obiettivi: creare strutture per aggirare le sanzioni; ampliare i rapporti con Paesi avversari degli Usa; estendere la presenza diplomatica e segreta (con agenti dell’Armata Qods) nella regione.
Un’offensiva sorvegliata dagli Stati Uniti e Israele, che hanno più volte segnalato le ramificazioni khomeiniste. E proprio nell’ambito di questi rapporti — sostengono le autorità statunitensi — sarebbe nato il piano di cyberwar, un progetto per introdursi via Internet in impianti sensibili degli Usa. Nel mirino centri legati alla difesa, industrie e siti nucleari. Livia Acosta Noguera, nel 2006, era basata in Messico ed è qui che avrebbe iniziato un’attività di reclutamento tra gli studenti della celebre Unam, l’università della capitale. Nell’operazione sarebbero poi entrati personaggi iraniani, alcuni dei quali vicini ai servizi segreti. In base ad una ricostruzione l’avvio del progetto è coinciso con il viaggio del presidente venezuelano Chà¡vez a Teheran.
Le rivelazioni sugli hacker seguono le informazioni sulla rete di trafficanti di droga, attiva tra Canada, Usa e Sudamerica, dove la figura chiave era un esponente degli Hezbollah.
Diverse indagini hanno mostrato come il tandem Hezbollah-Iran stia lavorando da anni nello scacchiere latino. I Pasdaran — e l’Armata Qods — delegano agli alleati libanesi molte attività riservate. Dallo spionaggio alla creazione di avamposti, sotto la copertura di imprese commerciali. L’isola di Margarita in Venezuela, Ciudad del Este in Paraguay e altre località — una anche a Cuba — sono diventate punti d’appoggio essenziali. Teheran ha poi usato un collegamento aereo con il Venezuela per trasferire materiale e personaggi sospetti.
Una cooperazione che agli occhi degli Usa diventa ancora più grave in queste settimane di tensione con l’Iran. Gli iraniani hanno ribadito ieri la volontà di chiudere Hormuz in caso di nuove sanzioni, hanno annunciato la cattura di una spia americana accusandola di possibili sabotaggi ed hanno rivelato progressi nella ricerca nucleare.
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