Mercato del lavoro, Monti accelera «Tutelare la persona, non il posto»

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ROMA — Proteggere il lavoratore e non il posto del lavoro. E poi, in qualche modo, proteggere anche le aziende, metterle in grado di lavorare con una maggiore produttività , in modo tale che lavoro e produzione in Italia diventino «una cosa più competitiva».
Sono due degli obiettivi che la riforma del mercato del lavoro, il confronto in corso fra parti sociali e governo, in primis il ministro del Welfare Elsa Fornero, deve centrare. Lo dice il presidente del Consiglio, in un seguito dell’intervista al Tg1, andato in onda ieri.
Dice il premier di essere tranquillo sul fatto che gli obiettivi verranno raggiunti, in qualche modo fa mostra di ottimismo. I primi accenni di incomprensione, le critiche dei sindacati sul testo scritto del ministro, sono considerate come cose naturali, piccoli incidenti impossibili da evitare nel caso della riforma più difficile per l’esecutivo: «I negoziati è difficile che partano in discesa, ma certamente sono fiducioso», assicura il premier.
Il modello di riferimento che Monti vede per un’intesa è più o meno quello descritto nelle scorse settimane, prendendo a prestito cornici normative dei Paesi Scandinavi, o Bassi, dove il concetto di flexicurity, la possibilità  concreta di abbinare alta flessibilità  e sicurezza sociale, può divenire ispirazione per la riforma ed essere declinato per la prima volta anche nel nostro Paese.
Declina anche, nel dettaglio, alcuni approdi possibili, il capo del governo: «Ci sono diverse esigenze che dobbiamo rendere compatibili, ma io credo che sia possibile. Per creare occupazione in Italia occorre che produrre diventi una cosa più competitiva; occorre che la protezione delle persone nel mercato del lavoro non diminuisca, ma diventi più equilibrata e con una protezione meno concentrata sul singolo posto di lavoro e più concentrata sul singolo lavoratore, quindi con una esigenza di mobilità  nel tempo. Quindi c’è un obiettivo di efficienza ed un obiettivo di maggiore equità  sociale», due obiettivi che per questo governo non sono in antitesi, ma perfettamente coniugabili.
Parla, Monti, anche del viaggio imminente negli Stati Uniti, il 9 e il 10 febbraio: vedrà  Obama, parlerà  ai broker di Wall Street, come ha già  fatto a Londra, sarà  in visita alle Nazioni Unite: «Gli Stati Uniti stanno apprezzando gli sforzi che, con la guida del governo e la grande partecipazione di tutto il Paese, l’Italia sta facendo», sottolinea il premier.
E aggiunge, rispondendo alle domande del Tg1, che non sarà  il momento di soffermarsi sulle cause della crisi, su alcune presunte malevolenze delle agenzie di rating americane nei confronti dell’Italia e dell’Europa: «Questa non sarà  la prima cosa che dirò al Presidente Obama… Immagino che non sia neanche necessario. Credo che entrambi guarderemo avanti, piuttosto che indietro». Di certo, aggiunge, «mi occupo di problemi economici da qualche anno. L’Europa è una parte importante per la soluzione dei problemi dell’economia mondiale». 
Ieri Monti ha trascorso la giornata a casa, a Milano, dove resterà  anche oggi. Domani mattina partirà  per Bruxelles, per partecipare al Consiglio europeo che dovrà  chiudere le trattative sul cosiddetto Fiscal Compact, il Patto di Bilancio che obbliga le principali economie dell’Unione ad un rinnovato rigore fiscale e che, nelle intenzioni generali, dovrebbe segnare il primo passo per uscire definitivamente dalla crisi che ha colpito la zona euro.
Nel vertice si comincerà  a discutere anche di politiche nuove per l’occupazione giovanile, di finanziamenti alle piccole e medie imprese e soprattutto di maggiore apertura del mercato unico della Ue. Un’agenda che è stata fortemente sollecitata e suggerita proprio dal governo italiano, che in materia ha contribuito alla stesura delle conclusioni del summit.


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LE DIVERGENZE PARALLELE

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LA METAMORFOSI è compiuta. Non basta più essere Professori, per reggere quattro ore di trattativa con gli ex, i post e i neo democristiani, a discutere di coalizioni e liste elettorali, candidature e comizi. La riunione-fiume con casiniani, finiani e montezemoliani sancisce la definitiva trasformazione di Mario Monti.

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