Maxi-colletta salva Wikipedia “E ora scioperiamo per la libertà “

by Editore | 5 Gennaio 2012 8:03

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La prima notizia è che nel 2012 continueremo a leggere Wikipedia, e qualcuno di noi anche a scriverla, aggiungendo voci e correggendo quelle esistenti in ormai 282 lingue, come accade da undici anni tondi tondi a centinaia di milioni di utenti in tutto il mondo (480 milioni al mese). Sono loro, gli utenti, ad averlo voluto. Mettendoci i propri soldi. A parte la maxi offerta del co-fondatore di Google Sergey Brin e della moglie (500 mila dollari), a salvare Wikipedia sono state come sempre le microdonazioni, spesso da 5 dollari. Ce ne sono volute tante per arrivare alla ragguardevole somma di venti milioni di dollari che non sono solo un nuovo record per la più grande enciclopedia online: sono la conferma che anche nel mare di Internet dove sembra che tutto cambi e nulla duri davvero, una “cosa” come Wikipedia è tutt’altro che in declino. 
Ma questo forse era scontato per chi conosce la Rete: e sebbene il rituale appello con cui il fondatore Jimmy Wales aveva lanciato la sottoscrizione annuale a novembre, aveva i soliti toni vagamente drammatici di queste occasioni, Wikipedia è ormai un pilastro del web («è il miglior posto dove iniziare una ricerca su Internet e il peggiore dove concluderla», secondo una definizione che coglie bene anche certi limiti di questo straordinario prodotto della intelligenza collettiva).
La seconda notizia è più circoscritta ma meno scontata. In Italia le donazioni rispetto al 2010 sono raddoppiate o forse addirittura triplicate (i conti li stanno ultimando in questi giorni). Per dare una idea del balzo in avanti, tenete conto che a livello mondiale la crescita è stata del 25 per cento circa (da 16 e 20 milioni). In Italia siamo passati da 300 mila dollari a quasi un milione, calcola con comprensibile emozione la responsabile di Wikimedia Italia Frida Brioschi. Perché è accaduto? Un indizio lo aveva dato lo stesso Jimmy Wales lo scorso ottobre quando venne a Bologna per una conferenza: «Magari quest’anno nel vostro paese avremo un boom di donazioni», aveva previsto, «credo che dopo lo sciopero molti più italiani abbiano capito quanto è importante il lavoro che facciamo». 
Lo “sciopero” era in realtà  la chiusura – temporanea – delle pagine italiane di Wikipedia decisa lo scorso 4 ottobre per protestare contro una norma del disegno di legge sulle intercettazioni – la cosiddetta “legge bavaglio” – che metteva in serio pericolo l’esistenza stessa di Wikipedia. Quella decisione fu una prima assoluta nella storia della comunità  wikipediana che mai prima di allora aveva preso una posizione così forte contro la proposta di un governo. «Saremo sempre neutrali, ma non ci tireremo mai indietro se si tratterà  di difendere la libertà  di parola e l’accesso alla Rete», aveva spiegato Wales per tagliare corto su qualche polemica interna. 
A rivederla oggi quella scelta non è stata solo un successo (la legge non è mai passata e la norma è comunque stata modificata): è stata un precedente importante. Infatti un secondo sciopero, molto più clamoroso, potrebbe essere indetto negli Stati Uniti ed esteso a tutto il mondo nei prossimi giorni. Lo sciopero di Internet. Con Wikipedia infatti sarebbero pronte a unirsi Google, Facebook, Yahoo!, Twitter, Foursquare e altri colossi del web. Tutti assieme contro la Sopa, che, molto a spanne è l’equivalente americano della nostra legge bavaglio. In questo caso non si parla di intercettazioni: la Sopa infatti è una proposta di legge per fermare la pirateria online (ovvero lo scambio illegale di contenuti che infrangono il copyright): solo che per perseguire un obiettivo su cui quasi tutti sono d’accordo, compresa Wikipedia, il Congresso americano sta valutando norme simili a quelle proposte in Italia, che rendono Internet meno libera e più controllata. «Si fa passare il concetto che la censura è accettabile per tutelare il copyright dei colossi che producono contenuti», sostiene Geoff Brigham, il console generale della Wikimedia Foundation.
La notizia dello sciopero mondiale di Internet non è ufficiale anche se circola in Rete da qualche ora con tanto di data: il 23 gennaio. L’unica cosa certa è che per prendere qualunque decisione Jimmy Wales ha fatto la cosa più naturale: ha aperto una pagina su Wikipedia dove sono elencati tutti gli elementi del provvedimento per farsi una idea informata e contribuire alla decisione. Ed è qui che, in bella evidenza, è citata l’ipotesi di un blocco «simile a quello fatto dagli italiani». Abbiamo fatto scuola.

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