Marcegaglia: con Monti il Paese è più credibile ora ce la possiamo fare

by Editore | 27 Gennaio 2012 7:01

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DAVOS – «Ho parlato con molte persone. Ho avuto l’impressione che oggi l’Italia è più credibile. I partner stranieri ci chiedono di continuare in questo processo di riforme. Ma non c’è dubbio: oggi la percezione del paese è cambiata in meglio». Emma Marcegaglia, presidente uscente della Confindustria, è a Davos. Tra un meeting e l’altro c’è il tempo per rivolgerle qualche domanda.
Che dicono i suoi interlocutori di Mario Monti?
«Che ha uno standing internazionale molto forte. Hanno fiducia».
Dunque ha ragione il premier quando dice che c’è un atteggiamento diverso dei partner verso l’Italia?
«Assolutamente sì. È un cambio importante. C’è più fiducia. E lo si vede anche dai mercati: lo spread scende, i tassi dei titoli decennali anche. Sono tutti segnali molto incoraggianti. Naturalmente non siamo fuori pericolo. Abbiamo ancora davanti mesi difficili, molte riforme da fare. Ma nel complesso direi che ce la possiamo fare». 
Lo dice lei o lo dicono i partner?
«I partner notano che abbiamo fatto una austerità  vera. Manovre da 81 miliardi sono una cura da cavallo. Anche la signora Merkel lo ha riconosciuto. E proprio qui, a Davos, è parsa più disponibile: per la prima volta, oltre ad insistere sull’austerità , ha usato la parola occupazione».
Il presidente Napolitano ha auspicato che il posto di lavoro non sia un privilegio. Lei che ne pensa?
«Dico che ha ragione. Ma il lavoro si crea con la crescita, altrimenti le imprese non assumono. E se agiamo con intelligenza, il paese può tenere la coesione sociale con serenità ».
Per adesso le proteste fioccano.
«Sì, ma ci sono anche molti atteggiamenti responsabili. Le liberalizzazioni significano prezzi più bassi, tariffe più basse e dunque maggiore reddito spendibile».
Quando c’è, questo reddito.
«Appunto: adesso è il momento di fare sviluppo e lavoro. Di qui anche l’importanza delle parole della Merkel. Abbiamo sposato la linea austerità , non siamo più un paese spendaccione. Adesso l’Europa tutta deve guardare alla crescita, per il suo bene e anche per il futuro dell’euro. Guai se restasse agganciata solo al concetto di rigore: ci sarebbero derive anti-europee, atteggiamenti protezionistici».
I giovani però sono a spasso e il lavoro non c’è.
«Il lavoro va riformato. Direi anzi che, adesso, è la riforma-cardine del governo».
Farete una controproposta insieme ai sindacati, come chiesto da Monti?
«No, non ci ha chiesto questo. Ma comunque, noi siamo aperti all’idea di creare una nuova architettura del lavoro e degli ammortizzatori sociali. I sindacati mi paiono un po’ più chiusi. In ogni caso ci incontreremo con loro per ragionare su alcuni punti comuni senza fare documenti, così nessuno si irrigidisce su un testo. Poi di nuovo ci rivedremo con il ministro Fornero. Credo che ci richiamerà  tra una decina di giorni: ha detto che vuole concludere entro un mese».
Quali sono questi punti in comune? 
«C’è intesa sulla flessibilità  in entrata. Siamo d’accordo nell’incentivare l’apprendistato e il lavoro interinale. Sugli ammortizzatori sociali il ministro ci ha presentato un’architettura completamente nuova ma ha detto che per i prossimi 1-2 anni, poiché c’è la crisi, non bisogna toccare niente e io sono d’accordo. Mentre sul salario minimo abbiamo anche noi qualche perplessità , perché pensiamo che possa disincentivare le persone a cercare lavoro».
Sia sincera: lo scontro principale è sull’articolo 18. 
«Bisogna discuterne senza tabù. E bisogna ricordare che questa norma riguarda il 60% degli occupati. Per l’altro 40% già  non esiste: le piccole aziende non lo applicano. All’estero mi chiedono: come è possibile che non si possa licenziare qualcuno che magari è assenteista cronico e fa male il suo lavoro? Come in tutto il resto del mondo, bisogna poterlo allontanare dandogli una indennità . Detto questo: la questione va affrontata in modo pragmatico, senza abolire l’articolo 18 ma definendo bene la cosiddetta giusta causa. Per essere ancora più chiari: io sono favorevole ai licenziamenti, ma solo nei casi che ho menzionato».

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