Ma se Barack vuol rivincere faccia il ticket con Hillary

by Editore | 10 Gennaio 2012 9:48

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All’estremo opposto un paio di consulenti democratici propongono di sceglierla come candidato democratico alle presidenziali del 2012. Altri hanno notato che la Brown University è in cerca di un nuovo rettore o la immaginano fondatrice di un qualche clone della Clinton Global Initiative. Niente di tutto questo. Hillary Clinton ha 64 anni, un’etica di lavoro calvinista, nonché l’istinto politico di una Clinton. Hillary è capace di una straordinaria empatia, sa mettersi nei panni degli alleati e degli avversari. Sa ascoltare, sa imparare dai propri errori. Era plausibilissima come presidente già  quattro anni fa, e ancora non aveva dato prova delle sue doti diplomatiche da incantatrice di serpenti. Da dieci anni i sondaggi Gallup la mettono al primo posto tra le donne più ammirate d’America: può contare su un tasso di gradimento del 64%. Troppo presto quindi per appendere al chiodo la grande ambizione. L’ipotesi di candidarla al posto di Obama è assurda. Diverso è pensare che possa correre accanto a Obama nel 2012 in sostituzione di Joe Biden. Per tre motivi semplicissimi. Primo: la sua candidatura è più utile a garantire la rielezione di Obama di qualunque altra mossa dei democratici. Secondo: con lei aumenteranno le possibilità  che il presidente non sia più “un’anatra zoppa”, ossia possa affrontare il secondo mandato con nuovo smalto e un congresso non così ostile. Terzo: questo renderà  Hillary la legittima erede del partito nel 2016. 
L’ostacolo maggiore, ovviamente, è Obama. Per gli Obama i Clinton incarnano le miserie della politica: gli accordi, i calcoli, la campagna elettorale permanente. Il suo entourage è convinto che il presidente non abbia bisogno di Hillary per conquistare un secondo mandato. Ma Mitt Romney ha delle idee da presentare agli elettori e le risorse per portarle avanti. Inoltre, ammesso che Obama possa vincere senza Hillary, è pur vero che i due assieme possono trainare qualche candidato alla camera e al senato. Uno dei fattori che hanno portato i repubblicani a vincere le elezioni di midterm è stato il voto femminile. Questi voti torneranno a Hillary, come i voti degli ispanici del resto. La Clinton vice presidente sarà  un formidabile asso nella manica.
Resta il delicato problema di sbarazzarsi di Joe Biden. L’uomo non è un campione in campagna elettorale e, con cinque anni in più di Hillary, non è certo il delfino di Obama. Ma ha servito con lealtà  e merita di essere trattato con onore. Un politologo di mia conoscenza propone uno scenario di questo tipo: a fine inverno Hillary si dimette da segretario di stato per scrivere quel libro di memorie. Biden assume l’incarico accanto agli altri impegni istituzionali, diventando il vice presidente più potente della storia. Alla convention del partito, a settembre, Obama ingoia la sua buona dose di orgoglio e invita Hillary, fresca come una rosa, a fargli da vice. Biden resta segretario di Stato. Scusate, vi ho rovinato la sorpresa. Sono desolato. Ma lo sarò di più se, come temo, tutto questo resterà  un sogno. 
*(Copyright New York Times-la Repubblica. Traduzione di Emilia Benghi)

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