«Verdini e Dell’Utri vanno processati»

by Editore | 4 Gennaio 2012 9:29

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ROMA — Erano intenzionati a «rafforzare la propria capacità  di penetrazione negli apparati dello Stato, il proprio potere di influenza, la propria forza economico-finanziaria». Per questo hanno fondato una loggia segreta, la cosiddetta P3, utilizzata — sostiene l’accusa — per finanziare parlamentari del Pdl, avvicinare magistrati, pagare funzionari pubblici, diffamare gli avversari, indirizzare le nomine per accaparrarsi gli appalti in Sardegna. 
Associazione a delinquere, violazione della legge Anselmi, corruzione, abuso d’ufficio, finanziamento illecito, appropriazione indebita, diffamazione e violenza privata sono i reati contestati, secondo le diverse posizioni, a venti imputati per i quali la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio. I parlamentari del Pdl Denis Verdini e Marcello Dell’Utri sono considerati tra i fondatori della P3 insieme al faccendiere sardo Flavio Carboni, al geometra ed ex giudice tributario Pasquale Lombardi e all’ex assessore socialista campano Arcangelo Martino. All’ex presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, è contestata la corruzione per aver promesso di intervenire nella causa fra la Mondadori e l’Agenzia delle entrate e nel processo contro il deputato del Pdl Nicola Cosentino, accusato di contiguità  con la camorra. Il presidente della Sardegna, Ugo Cappellacci, rischia il processo per abuso d’ufficio, mentre è parte offesa il presidente della Campania, Stefano Caldoro, che durante la campagna elettorale del 2010 è stato vittima di un’attività  di dossieraggio attribuita al rivale Cosentino e al sindaco di Pontecagnano (Salerno) Ernesto Sica. 
Nella ricostruzione del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e del pm Rodolfo Sabelli, la loggia segreta è riuscita a intrecciare legami vantaggiosi con politici, magistrati e imprenditori invitandoli ai convegni del «Centro studi giuridici per l’integrazione europea diritti e libertà », un’associazione finanziata da Carboni e gestita da Lombardi e Martino. I rapporti così costruiti da una parte sarebbero serviti a influenzare la magistratura: informazioni, sentenze, nomine della Consulta, del Csm, della Cassazione. Dall’altra, sarebbero stati il canale attraverso cui la P3 si sarebbe garantita gli appalti nei settori dell’eolico, delle bonifiche ambientali e della messa in sicurezza delle aree minerarie dismesse di proprietà  della Regione Sardegna. A finanziare la loggia segreta sarebbero stati due imprenditori di Forlì, Alessandro Fornari e Fabio Porcellini, che avrebbero sborsato sei milioni di euro: centomila a Dell’Utri, ottocentomila a Verdini, il resto a Carboni. Gli industriali avrebbero preso il denaro dalle casse delle loro società  (la Ris Real Estate, la Building, la Sardinia Renewable Energy Project e la Glassapack), ora nell’elenco delle parti offese insieme a Caldoro. 
«Accuse fantasiose», sostiene Dell’Utri attraverso il difensore, Pietro Federico. Secondo il quale gli «atti leciti» del senatore «sono stati fraintesi». Per Verdini, interviene l’avvocato Marco Rocchi: «La richiesta di rinvio a giudizio non è inaspettata, un’archiviazione sarebbe stata fantascienza». Invece di «serena fiducia nella magistratura» parla Cappellacci che, difeso da Alessandro Diddi, è «certo di dimostrare l’assoluta correttezza» delle sue decisioni. 
Lavinia Di Gianvito

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