L’orologio dell’apocalisse

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Il «Bollettino degli scienziati atomici» infatti è stato fondato nel 1945 da un gruppo di scienziati, ingegneri e altri esperti che avevano creato la bomba atomica nell’ambito del Progetto Manhattan, e avevano visto quali terribili effetti questa nuova arma può provocare. Insomma: la parola “apocalisse” qui non è un’esagerazione retorica.
Quei primi scienziati si preoccupavano della forza distruttiva dell’arma atomica e dell’uso che gli esseri umani ne avrebbero fatto (resta vero quanto disse Albert Einstein nel 1946: «È cambiato tutto, salvo il nostro modo di pensare»). Si preoccupavano anche della segretezza dei programmi militari, del fatto che i governanti avrebbero potuto trascinare l’umanità  in un confronto atomico senza la consapevolezza e tantomeno il consenso dei loro cittadini. Per questo vollero fondare il Bullettin, che da 67 anni informa sulle «minacce alla sopravvivenza dell’umanità » insite nelle armi atomiche e, ormai, anche nel cambiamento di clima e alcune tecnologie emergenti delle «scienze della vita».
L’orologio dell’apocalisse dunque è un indicatore della vulnerabilità  umana. Ma qui le lancette possono tornare indietro: nel gennaio 2007 ad esempio erano retrocesse da 5 a 7 minuti perché «sembrava che i leader mondiali potessero affrontare le minacce incombenti», spiega la direzione del Bullettin (che prende la decisione insieme a un comitato di consulenti di cui fanno parte scienziati illustri, tra cui 18 premi Nobel). Ora quel senso di ottimismo è svanito: «Il cammino verso un mondo libero da armi nucleari è tutt’altro che chiaro, e manca una chiara guida in quella direzione». Nel dicembre 2010 è stato firmato il nuovo trattato Start tra Stati uniti e Russia (il trattato per la riduzione delle armi strategiche), ed è un elemento positivo. «E però i governi di Usa, Cina, Iran, India, Pakistam, Egitto, Israele e Corea del Nord sono stati incapaci di ratificare il Trattato per la messa al bando totale dei test nucleari (Ctbt), e di portare avanti un trattato che metta fine alla produzione di materiale fissile». Nel mondo restano circa 19.500 armi nucleari, abbastanza da distruggere la popolazione terrestre parecchie volte. Tra gli ostacoli a un mondo senza armi nucleari, il Bulletin cita il contrasto tra Usa e Russia sulle difese missilistiche, e poi l’insufficente trasparenza, pianificazione e cooperazione tra le nove nazioni dotate di armi nucleari: anzi, «la reciproca sfiducia tra quasi tutte le potenze atomiche è tale che ciascuna fa del proprio meglio per modernizzare i propri arsenali nucleari», in barba ai discorsi sulla sicurezza e di riduzione degli armamenti. Il Bullettin parla dei rischi di proliferazione, e cita l’Iran come problema insoluto – ma il problema da risolvere è quello del potenziale doppio uso (civile e militare) delle tecnologie nucleari, spiega. Cita poi l’industria nucleare civile, che ha registrato un nuovo disastro a Fukushima, in Giappone. Insiste soprattutto sul cambiamento del clima: «Il mondo è condannato a un clima più caldo, fenomeni meteo più estremi, siccità , carestie, scarsità  d’acqua, innalzamento dei mari, e crescente acidificazione degli oceani», a meno di diminuire da subito la nostra dipendenza dai combustibili fossili: «le decisioni prese nei prossimi pochi anni ci metteranno su una via che sarà  impossibile cambiare». E allora nessuno potrà  riportare indietro le lancette dell’apocalisse.


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