«Oli e vernici, la nave già  inquinata»

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ISOLA DEL GIGLIO (Grosseto) — C’è poco da fotografare, assurdo mettersi in posa, arrivano a frotte i turisti del macabro, la nave Concordia come la casa di Avetrana, ma questo non può essere un souvenir di cui andare fieri: «La contaminazione ambientale è già  iniziata», annuncia il capo della Protezione civile Franco Gabrielli, neo commissario per l’emergenza qui al Giglio. È una notizia terribile per tutti: non solo vacanzieri e abitanti, marinai e pescatori, ma per chiunque voglia bene al mare e ai suoi preziosi paesaggi.
Le 2.400 tonnellate di Ifo 380, il mortifero gasolio pesante che alimentava i motori della Costa, dormono ancora per fortuna a dritta e a poppa nei 13 serbatoi di bordo. Non si segnalano cedimenti o perdite, finora. Ma Gabrielli, quando parla, ha in mente un’altra cosa: la mole impressionante di solventi, vernici, medicinali, oli da cucina, bicchieri di plastica, detersivi da lavanderia, batterie di cellulari, computer, cavi elettrici eppoi le migliaia di litri di acque nere, cioè i liquami e i rifiuti umani, che la nave conservava al suo interno nel momento dell’urto contro gli scogli dell’isola. 
Chi è stato su quella nave, chi ci ha lavorato per anni, adesso prova a buttar giù il triste inventario: «Cento litri di solventi per mille litri di pittura, necessari per l’ordinaria manutenzione; almeno mille litri di oli da cucina per le 4-5 friggitrici; un chilo di detersivo per 100 persone significa almeno 40 chili in dotazione; eppoi 10 mila bicchieri di plastica presenti nella zona bar e buffet e 3 mila chilometri di cavi elettrici disseminati ovunque. Le acque nere, invece, cioè gli scarichi dei gabinetti, che vengono trattati chimicamente e poi smaltiti nei porti, quella sera non dovevano arrivare a 2 mila litri, perché la Concordia era stata molte ore ferma a Civitavecchia per consentire i nuovi imbarchi e la navigazione, dunque, era iniziata da poco».
«Un disastro — sospirano in coro i pescatori dell’Argentario e del Giglio —. Se il mare, sotto, si riempie di azoto, per i tonni e le posidonie si mette male». Ma sono numeri per adesso soltanto approssimativi, la compagnia stessa — da noi interpellata sul punto — non sembra in grado di fornire maggiori dettagli. Di sicuro, con più di 4 mila persone imbarcate e 1.500 cabine distribuite sui ponti, c’erano anche centinaia di computer e telefoni cellulari, che non tutti ovviamente sono riusciti a salvare durante l’evacuazione. Senza dimenticare l’ospedale di bordo, attrezzato come un ambulatorio dei più moderni, con sofisticate apparecchiature e un rifornimento di farmaci per nulla trascurabile. Che fine avranno fatto, tutti quegli scatoloni di medicinali? Il cartone non ha certo la resistenza dei fusti di petrolio.
Già , torniamo all’incubo dell’Ifo 380. Una cintura galleggiante anti inquinamento, formata da ben tre cerchi concentrici di panne assorbenti, è stata stesa tutt’intorno allo scafo. Ancora un giorno — salvo imprevisti — e poi passeranno all’azione i sommozzatori specializzati che cominceranno a svuotare il bunker del carburante. Agganceranno tubi alle valvole dei serbatoi e le macchine inizieranno a soffiare vapore per far uscire il petrolio, succhiarlo e sostituirlo man mano con l’acqua, per non far perdere stabilità  alla Concordia. A supporto arriveranno pure le navi cisterna per caricare e portar via al più presto il «pieno» della Costa, mentre l’Orione, un altro gigante del mare, sorveglierà  al largo le operazioni pronta a intervenire per separare gli idrocarburi dall’acqua, nel caso di fuoriuscita.
Oggi sull’isola è previsto libeccio, martedì maestrale, ma l’alta pressione resiste. La nave al momento — annuncia lo scienziato Nicola Casagli, consulente della Protezione civile — «è sotto controllo». A prua avanza di pochissimo: 4 millimetri l’ora. Sta agli uomini sbrigarsi.


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