by Editore | 12 Gennaio 2012 8:46
Abolire le Province. È l’obiettivo che accomuna tante forze politiche, numerosi commentatori, leader sindacali e importanti associazioni economiche. Un’alleanza così vasta, che è accompagnata da una grande mobilitazione mediatica, non si era mai registrata neppure per la lotta all’evasione fiscale. Continuiamo a chiederci perché? Forse la crescita esagerata, e non giustificata, del numero delle Province negli ultimi decenni esprime in modo lampante il senso di colpa delle associazioni economiche che le hanno insistentemente volute, da Biella a Barletta-Andria-Trani, per non parlare delle 8 Province esistenti nella sola Sardegna e del Parlamento che all’unanimità ha votato le leggi istitutive, senza preoccuparsi dell’aumento della spesa pubblica. La nascita di nuove Province ha determinato un aumento dei costi di gestione, ma la grande crescita è dovuta alla contemporanea moltiplicazione di prefetture, comandi provinciali di carabinieri e polizia, comandi provinciali dei vigili del fuoco, provveditorati all’istruzione e alle opere pubbliche, uffici della motorizzazione, camere di commercio, uffici dell’Inps, etc. Oggi tutti vogliono fare dimenticare le proprie responsabilità diventando persino paladini della cancellazione di tutte le Province, anche di grandi dimensioni, e non degli uffici periferici dello Stato, come se le amministrazioni provinciali appartenessero al regno del male e lo Stato e le Regioni al regno del bene. A tal fine dichiarano in tutte le occasioni che abolendo le Province si risparmierebbero 12 miliardi senza neppure documentarsi. Li invitiamo a leggere il recente studio sulle Province curato dal prof. Lanfranco Seen dell’università Bocconi che rileva che 12 miliardi è la spesa totale che le Province sostengono per lo svolgimento delle proprie funzioni (strade, trasporti, formazione professionale, edilizia scolastica, centri per l’impiego, etc) che in ogni caso qualcun altro dovrebbe sostenere. Ad ogni modo la cancellazione delle Province è diventato il paradigma della non più prorogabile riforma della pubblica amministrazione. Non siamo conservatori. Sappiamo che un ente intermedio come la Provincia esiste in tutta Europa, ma non ci interessa difendere tutto a qualunque costo. In Piemonte i presidenti delle Province hanno deciso in modo autonomo di ridurre il numero da otto a quattro. Occorre ritornare al numero originario delle Province: è sufficiente annullare le leggi istitutive di quelle da eliminare. Occorre contemporaneamente ridurre il numero degli uffici periferici dello Stato: sono sufficienti dei decreti. Occorre cancellare i tantissimi enti, società , consorzi, agenzie, unioni di comuni, enti parco che nel tempo sono nati più per soddisfare necessità di accrescimento del consenso dei partiti: sono sufficienti leggi regionali e leggi ordinarie statali. Occorre istituire le città metropolitane come prevede la Costituzione: a Milano, Torino, Firenze, Napoli siamo pronti, il governo deve approvare velocemente l’apposito decreto legislativo. Siamo anche consapevoli che si debba procedere velocemente a una definizione puntuale delle funzioni di ogni ente per assegnare responsabilità univoche, perché la pubblica amministrazione non costituisca un calvario per cittadini e imprese: il Codice delle Autonomie già esaminato dalle apposite commissioni può essere approvato in cinque mesi dal Parlamento. Il percorso indicato ha il vantaggio di essere realistico e in grado di produrre veramente il contenimento della spesa pubblica, tema a noi caro, e può mettere alla prova la classe dirigente nazionale per capire se vuol passare ai fatti, abbandonando le dichiarazioni altisonanti che normalmente non producono effetti. Se ci sarà chiesto un contributo siamo disponibili.
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