«Nessuno paga più i lavori» L’elettricista ucciso dalla crisi

by Editore | 4 Gennaio 2012 9:37

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MILANO — Nella nebbia che soffoca i rumori, tra i capannoni deserti degli artigiani ancora chiusi per ferie, dietro gli alberi spogli che cingono via Belgio ci sono i miagolii dei gatti dell’elettricista Giancarlo. E le loro ciotole vuote, davanti al portone anonimo della Chiodini srl di Vigano di Gaggiano. Non ci sono mazzi di fiori, non c’è il furgone Citroen azzurro, né l’eco dello sparo che s’è portato via Giancarlo. Un colpo solo, alla tempia, sparato lunedì pomeriggio per disperazione, per depressione, per chiudere tutto.
Per finire qui, in questo quartiere artigianale alle porte di Milano, dove il Naviglio grande con le sue cascine e i campi di riso fa sembrare quasi antica questa terra contadina minacciata dalla metropoli. Aveva 64 anni Giancarlo Chiodini, aveva due figli, Katia e Luca, e aveva avuto una moglie. Il rapporto s’era perso negli ultimi anni, era affondato lentamente. E s’era portato via una parte della vita di Giancarlo. Solo una parte. L’altra l’ha sbranata il lavoro in pochi mesi, negli ultimi mesi. La ditta, dove lavorava anche il figlio Luca titolare di una piccola quota, aveva retto per trent’anni. Poi in dodici mesi il tracollo con le commesse sempre meno frequenti, i conti da pagare, lo spettro del fallimento. S’è ammazzato per salvare la sua ditta dalla crisi, anche se senza di lui non ci sarebbe stato più niente da salvare. 
Adesso da soccorrere ci sono anche i suoi gatti, la colonia felina di Vigano, che aveva iniziato ad accudire quasi per caso. Ogni giorno, un pasto al giorno, erano diventati i suoi gatti. Oggi miagolano senza pausa. Il lavoro, Katia e Luca e i gatti. La sua vita era qui.
Giancarlo Chiodini era un uomo riservato. La sua è la storia di un uomo normale, senza colpi di scena, né eroismi. Aveva una pistola, un revolver, ma a parte qualche tiro al poligono sembra non l’avesse mai usata. Forse l’unico eccesso di quella vita «normale» che ricordano gli amici della cooperativa dove Giancarlo Chiodini pranzava tutti i giorni. Dove in fondo ci si conosce tutti e dove oggi i clienti entrano e chiedono se l’elettricista suicida per la crisi sia proprio quel Giancarlo. 
Dopo la separazione dalla moglie, aveva vissuto a Gaggiano, poi a Magenta e da un mese e mezzo aveva preso in affitto un appartamento a Robecco sul Naviglio, tutto in pochi chilometri. Non ha lasciato spiegazioni, non era il tipo da scrivere lettere o biglietti. 
I carabinieri di Abbiategrasso hanno parlato di «cause legate alla situazione finanziaria in corso». Ai carabinieri l’ha detto il figlio Luca, elettricista come lui: «I ritardi nei pagamenti, la difficoltà  ad avere prestiti dalle banche». Problemi comuni a tanti piccoli imprenditori e da tempo denunciati a gran voce dalle associazioni di categoria. 
Luca lo ha sentito al telefono domenica. Una chiamata veloce, come tante altre, per mettersi d’accordo su chi sarebbe andato al capannone l’indomani. «Anche se era preoccupato a noi non l’avrebbe mai detto», racconta adesso il genero. Sua moglie Katia è sconvolta, non sa spiegare un dolore grande e inaspettato. A settembre, l’elettricista e suo figlio erano andati a installare un videocitofono nel condominio di via Roma, a Magenta, in cui la famiglia aveva vissuto prima della separazione. I ragazzi sono nati lì. «Era stata l’occasione per rivedersi. Qui aveva degli amici molto cari. Si parlava di lavoro e non mi sembrava proprio una persona disperata. Non riesco a crederci», racconta una vicina. Chiodini sarebbe dovuto tornare la prossima settimana al condominio per installare l’impianto elettrico di un negozio. Non un grande lavoro, ma una respiro d’ossigeno in giorni difficili. «I problemi ci sono per tutti, non solo nel lavoro», raccontano molti piccoli imprenditori della zona. Chiodini aveva 64 anni, la pensione alle porte. Forse la prospettiva di chiudere con il suo lavoro lo angosciava. Forse l’idea di lasciare un giorno questo suo mondo modesto di viali, capannoni e piccole aziende sarebbe stato un altro passo verso il baratro. 
Ha scelto di caderci da solo, anche sapendo che nessuno avrebbe capito questa sua morte. Nello stesso giorno in cui, da parti opposte d’Italia, altri tre uomini «normali» si uccidevano angosciati dalla crisi.

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