«Monti, variante colta della destra europea»
Io non lancio aut aut, sono molto rispettoso verso il Pd, ma se la prospettiva di un nuovo Ulivo di cui ha parlato Bersani non c’è più perché c’è una svolta a destra, noi saremo competitivi con il Pd in maniera virulenta. Parleremo al suo popolo dal momento che gli stati maggiori si possono anche dividere, ma il popolo di centrosinistra è uno soltanto e ha più volte dimostrato che vuole un cambiamento». Non è un aut aut ma ci somiglia moltissimo e Nichi Vendola non ci tiene neanche troppo a smorzare i toni perché questa storia della Federazione tra Pd e Terzo Polo a cui lavora Fioroni, o quell’altra secondo cui la legge elettorale devono studiarsela a tavolino Pdl, Pd e Terzo Polo, come auspica Letta, per il leader di Sel è davvero troppo. E niente sconti alla politica europea, di destra, di cui il governo Monti è soltanto «una variabile colta e illuminata».
Vendola, la S&P declassa mezza Europa e l’Italia scende in serie «B». Che sta succedendo?
«Ormai siamo di fronte ad una situazione insostenibile e paradossale. L’Europa si sta sgretolando e il male oscuro che la divora è quel clamoroso deficit di politica e democrazia che la rende priva di soggettività reale nella scena del mondo. Un’Europa inesistente, priva di narrazione, che non assomiglia per nulla alla grande utopia europeista che l’ha ispirata, alla Altiero Spinelli o alla Willy Brandt. È ormai prigioniera della mediocrità della destra europea, della più incapace classe dirigente ben incarnata dalla coppia Merkel-Sarkozy».
Condivide il monito del Capo dello Stato che esorta gli stati ad una vera unità politica e economica?
«Prima bisognerebbe chiedersi perché è finita così: è nel fatto che l’Europa oggi è quasi interamente governata dalla destra e la sinistra, folgorata sulla strada del liberalismo, con le sue mille torsioni moderate ha regalato l’Europa all’egemonia culturale, politica e economica della destra».
Lei dice: Europa responsabile del suo fallimento. Ma sulle agenzie di rating non ha nulla da dire?
«Il fatto che i luoghi opachi privi di credibilità come le agenzie di rating, possano avere un peso nello spianare la strada all’assalto speculativo dei loro proprietari, visto che operano per conto di soggetti economici importanti, non mi stupisce. Piuttosto è la mancanza di un’agenzia di rating europea un’altra prova del carattere fiacco dell’Unione».
Intanto nel centrodestra c’è chi inizia a dire che non era colpa di Berlusconi, come spread dimostra.
«Di questa Europa così spettrale e priva di visione il governo Monti rappresenta una variante colta e illuminata ma non un’alternativa. L’unica alternativa possibile è l’Europa sociale che solo le forze socialiste, socialdemocratiche ed ecologiste del vecchio Continente possono ricostruire. Anche perché si sta dimostrando che le politiche tecnocratiche a cui anche l’Italia partecipa, non solo sono socialmente inique ma anche inefficaci».
Dunque, meglio le elezioni anticipate come auspicano Berlusconi e Bossi? «Non credo che sia nelle intenzioni di Berlusconi andare al voto. Ha tutto l’interesse ad aspettare per smarcarsi il più possibile dalla crisi, per apparire estraneo alle ragioni del disastro che sta vivendo l’Italia. In questo modo può caricare il governo Monti di una responsabilità che in realtà appartiene tutta al ventennio berlusconiano. La Lega poi, non mi sembra sia in condizione da affrontare le elezioni, si sta squagliando. Il fatto che si sia salvato Cosentino in Parlamento dimostra che hanno bisogno di guadagnare tempo per recuperare terreno e organizzare, contro la quaresima tecnocratica che vive il Paese, una riscossa del populismo».
Però anche il Pdl inizia a minacciare il governo Monti.
«Fa impressione vederli oggi come avversari dei poteri forti, proprio loro che hanno sempre garantito gli evasori, la ricchezza, anche quella criminale… Attenzione, lo dico soprattutto al Pd».
Cosa rimprovera a Bersani?
«Non rimprovero alcunché, dico che la questione oggi, sia in Italia sia in Europa, è la giustizia sociale. Il Pd non può avere un’azione incisiva sulle politiche di Monti perché la sua capacità è stata annientata a monte, dalla parte più moderata del partito. I gruppi dirigenti, alcuni, hanno impedito un negoziato più stringente sulla direzione del governo Monti che finora ha evocato scenari, ma non sciolto i nodi, dalla patrimoniale alla tobin tax. Sel ha organizzato il 22 gennaio a Roma un’assemblea nazionale con un titolo chiaro: “Per la giustizia sociale. Una nuova sinistra per salvare l’Italia”. Ci saranno Pisapia, Landini, De Magistris, Michele Emiliano… esperienze di governo fatte di riformismo radicale».
Vendola, tra l’Idv e il Pd i rapporti sono al lumicino, Vasto un ricordo lontano. Come ci arriva il centrosinistra alle elezioni?
«Sarebbe un errore imperdonabile immaginare che l’Idv rappresenti un impiccio o un fardello di cui liberarsi».
Perché il Pd dovrebbe dialogare con un partito che lo attacca ogni giorno? «Il nostro alleato principale, il mio e di Di Pietro, non può pensare di non sciogliere mai i nodi della prospettiva, per cui ogni giorno leggiamo che Enrico Letta la legge elettorale la vuole fare in modo che definire autoritario è un eufemismo, oppure che Fioroni vuole fare la Federazione con il Terzo Polo.
Ma se quello è il destino io e Di Pietro non abbiamo paura a metterci a capo di un altro polo di governo, alternativo al Pd. Non intendo più immaginare che per la sinistra ci sia soltanto un destino di testimonianza democratica».
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