«Io voglio la Fiom in Fiat». È partita la campagna internazionale

by Sergio Segio | 6 Gennaio 2012 9:39

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In pochi giorni sono arrivate 5.600 firme da tutti i continenti, dall’Europa all’America Latina, dal Giappone ai Nordamerica, dal Nordafrica all’Australia e alla Nuova Zelanda, da Israele alla Turchia. E naturalmente dai paesi europei. Fa scandalo che gli 86 mila dipendenti della multinazionale torinese (in realtà  la T di Torino resta soltanto sull’acronimo) non possano eleggere i loro rappresentanti e che alla Fiom sia impedito di svolgere attività  sindacale. Neanche la raccolta delle tessere potrà  più essere fatta in fabbrica, perché la Fiat si rifiuta di fare quel che è stato sempre fatto: la consegna delle quote di iscrizione. Si sta parlando del corrispettivo di un milione e mezzo di euro, che il sindacato guidato da Maurizio Landini dovrà  cercare di recuperare attraverso un grande sforzo politico e organizzativo fuori dagli stabilimenti. La colpa della Fiom, come ben sanno i nostri lettori, è di non aver ceduto ai ricatto di Marchionne, rifiutandosi quindi di sottoscrivere un contratto aziendale capestro che cancella il contratto nazionale di lavoro. L’articolo 8 della manovra di Tremonti pretende di «legalizzare» la rottura di regole imposte dalla Fiat, anche se resta il fondato dubbio che l’espulsione del sindacato più rappresentativo violi leggi dello stato, a partire dalla legge fondamentale: la Costituzione. La Fiom ha raccolto le firme tra i lavoratori del Lingotto per indire un referendum contro il contratto aziendale. E non escluso il ricorso alle vie legali. Ma estono anche a livello sovranazionale convenzioni che obbligherebbero il nostro governo a intervenire sulla Fiat perché venga rimossa la discriminazione ai danni della Fiom. La convenzione 87 dell’Oil (Organizzazione internazionale del lavoro), in vigore dal 1950, tutela la «libertà  di associazione e protezione del diritto all’azione sindacale» e la 98, in vigore dal 1951, «il diritto a organizzarsi e alla contrattazione collettiva». Sia la prima che la seconda convenzione sono state ratificate dall’Italia nel lontano 1958, e la Fiom sta studiando l’ipotesi di un ricorso all’Oil a Ginevra. Insomma, la Fiom non ci sta a farsi buttar fuori dalle fabbriche e accanto al conflitto – quattro ore di sciopero a gennaio e l’11 febbraio una grande manifestazione a Roma – percorrerà  le vie legali a livello italiano e internazionale.

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