L’indicazione del Colle «Ammortizzatori sociali da ripensare subito»

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ROMA — Il tema non gli pare esaurito con ciò che ha detto nel messaggio di Capodanno, per quanto fosse stato chiaro. «Vedo che c’è una necessità , ampiamente riconosciuta come comune, che è quella di ripensare tutto il tema degli ammortizzatori sociali e delle forme di sicurezza sociale». Non solo. Per lui sarebbe utile «affrontare i nodi dell’accordo del 28 giugno tra le confederazioni sindacali» — un accordo «sottoscritto da tutte le parti, nessuna esclusa», puntualizza — e che bisognerebbe quindi «andare avanti su quella strada».
Mentre il governo Monti convoca un «tavolo per il lavoro» e le diverse famiglie sindacali e le forze politiche cominciano a posizionarsi in vista di una difficile trattativa, Giorgio Napolitano si appella di nuovo alla responsabilità . Lo fa sapendo che, «nella realtà  in cambiamento», toccherà  a tutti «anche di fare dei sacrifici», come ha anticipato dal Quirinale il 31 dicembre. Evoca l’intesa sui patti aziendali siglata l’estate scorsa dopo quattro anni di divisioni, e la indica come un esempio da non tradire e come una sorta di precondizione per superare l’inquietudine e i sospetti con cui i diversi interlocutori oggi si guardano. Una citazione, questa, funzionale a scongiurare l’eterna strategia di «stop and go» e di tenaci distinguo sui negoziati prima ancora che comincino (vedi la polemica sull’ipotesi di «vertici separati»). E tesa a disinnescare le tensioni proprio mentre c’è già  chi evoca il riesplodere del conflitto sociale.
Ognuno faccia «la sua parte», esorta il presidente della Repubblica da Napoli, dove si è ritagliato qualche giorno di riposo. «In concreto — spiega — per quello che riguarda le questioni che interessano le organizzazioni sindacali, si apriranno presto possibilità  di incontro e consultazioni che sono state preannunciate, credo anche da colloqui telefonici nei giorni scorsi, tra il premier Monti e i rappresentanti delle quattro maggiori centrali sindacali». 
Un confronto che seguirà  con grande ansia e partecipazione. Anche se, nonostante i cronisti cerchino di strappargli qualche indicazione sui futuri compiti del governo, non si permette di entrare nel merito delle rispettive scelte: «Ci mancherebbe che io prescrivessi la parte a ciascuno». Insomma, quel che gli preme, in coerenza con i precedenti storici cui ha alluso nel monologo di Capodanno (su tutti l’esperienza del Patto del lavoro tentata da Giuseppe Di Vittorio e dalla sua Cgil nel 1950), è che si affermi uno spirito di proposta e uno slancio d’iniziativa sui problemi dell’intera nazione, piuttosto che si cada nei soliti arroccamenti difensivi. Per lui, infatti, i sindacati «non sono organizzazioni che difendono solo gli interessi di categoria, ma difendono insieme una certa visione dell’interesse generale del Paese». Ed esattamente «tale concetto», precisa, dominava quel passaggio-chiave del suo discorso.
Il contesto di questi giorni gli pare, nonostante tutto, favorevole al dialogo. «Mi sembra che, rispetto agli anni scorsi, ci sia un clima più sereno dal punto di vista politico e dal punto di vista dell’opinione pubblica». E, aggiunge Napolitano, «c’è anche più consapevolezza di tutti i problemi che l’Italia deve affrontare». Dunque, sì, «c’è stata attenzione per un messaggio nel quale ho cercato di fondere verità  e chiarezza su tante questioni gravi con le quali dobbiamo fare i conti e, allo stesso tempo, ho evitato drammatizzazioni e scoraggiamenti».


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