Libia, i fedeli di Gheddafi riconquistano Bani Walid torna la bandiera del raìs
Il simbolo del caos che regna in Libia è la bandiera verde dei fedeli a Gheddafi innalzata di nuovo a Bani Walid, a tre mesi dalla conclusione della guerra e dalla morte del dittatore. Ieri, i gheddafiani hanno mostrato di essere ancora bene armati e capaci di destabilizzare la nuova Libia. In circa 150 hanno preso il controllo della cittadina a 200 chilometri a sud est di Tripoli, combattendo con armi anticarro la piccola guarnigione di militari fedeli al Consiglio nazionale transitorio, rimasta a presidiare la roccaforte lealista dopo la sua caduta, il 17 ottobre scorso. Bani Walid era stata la penultima delle città fedeli a Gheddafi – tre giorni dopo era caduta Sirte, dove fu ucciso il colonnello – ad arrendersi alle truppe di Zlitan e Misurata, dopo un assedio durato oltre un mese. La resistenza della città era stata strenua non soltanto per l’egemonia della tribù lealista dei Warfalla, ai quali Gheddafi aveva concesso privilegi e armi, ma anche perché la sua posizione è strategica, grazie alle numerose vie d’uscita che offre attraverso il deserto in direzione del Niger e dell’Algeria. A Bani Walid si erano rifugiati esponenti di spicco del regime e lo stesso figlio di Gheddafi, Saif al Islam, che da lì aveva tentato la fuga. Proprio ieri si è tornati a parlare di lui e del suo processo con l’annuncio, poi smentito dalla Corte penale internazionale, che il suo processo si sarebbe tenuto in Libia e non all’Aja.
La sollevazione di Bani Walid e le tante notizie poi smentite, sono indicative della difficile situazione nella nuova Libia, dopo otto mesi di guerra che hanno lasciato in eredità tante armi ancora in circolazione (anche ieri a Tripoli ci sono state sparatorie). I gheddafiani di Bani Walid sono tornati alla battaglia perché i rappresentanti militari del Cnt hanno incarcerato alcuni abitanti della città , accusati di aver appoggiato il dittatore caduto. In risposta, i lealisti hanno attaccato la caserma con armi anticarro, uccidendo cinque soldati, e hanno poi puntato verso il carcere, dove hanno liberato i detenuti. Da Bani Walid i rappresentanti locali del Cnt, arroccati nella sede della Brigata 28 maggio, hanno lanciato un appello disperato a Bengasi, dove il governo provvisorio è alle prese con le dimissioni di alcuni suoi membri e violenze di piazza. «Avevamo chiesto rinforzi da tempo – ha detto alla France Presse Mahmoud el-Werfelli, rappresentante del consiglio locale – ma il Cnt ci ha traditi». Ieri in serata il Cnt ha confermato che sta mandando elicotteri e rinforzi per riprendere il controllo della città .
La nuova Libia sta attraversando il momento più critico dopo la liberazione, annunciata ufficialmente lo scorso 23 ottobre, e lo conferma anche la dichiarazione del leader del Cnt, Mustafa Abdel Jalil, costretto, per ribadire l’autorità del consiglio provvisorio, ad ammonire ieri che le dimissioni del governo di transizione, chieste dalla piazza, «porterebbero alla guerra civile». E che sia un momento delicato lo indica anche la mossa di un politico di esperienza come l’ambasciatore libico a Roma, Hafed Gaddur, che dopo aver resistito alla bufera della rivolta, a critiche e contestazioni sia da parte lealista che da parte ribelle, ieri ha annunciato le dimissioni «per motivi personali». Gaddur rientrerà in Libia e fonti ben informate parlano di un suo ruolo attivo all’interno del governo, in forza alla corrente laica. Il coinvolgimento di Gaddur potrebbe indicare il tentativo del Cnt di lanciare un ponte verso i vecchi esponenti del regime, in cerca di maggiore stabilità .
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