«I comandanti hanno troppi poteri L’allarme con ritardo gravissimo»

by Editore | 20 Gennaio 2012 7:08

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ISOLA DEL GIGLIO (Grosseto) —  Come sta, presidente?
«Senza retorica, attraverso il momento di dolore peggiore dopo la morte di mia madre».
Voce bassa a mascherare l’emozione, Pier Luigi Foschi, numero uno di Costa Crociere, sembra portarsi addosso tutti i segni d’una settimana terribile: nella compagnia di navigazione ci sono lutti da elaborare prima che scotti economici da pagare.
Rimorsi?
«Si lavora insieme, seguendo principi e leggi severe. Poi ci si mette il fattore umano. Come in certe commedie di De Filippo, fai tutto, fai tutto, poi c’è… il fesso».
Il fesso?
«…nel senso del fattore umano».
Appunto. Tutto il mondo si chiede come diavolo abbiate scelto Schettino per comandare una vostra nave.
«Si seguono trafile. C’è il comando in seconda. Poi un collegio che valuta il passaggio al comando in prima. Anche la Capitaneria di porto dà  il suo avallo».
Sospetti di inaffidabilità  sul comandante?
«Sempre considerato molto valido tecnicamente… ma potrebbe avere qualche piccolo problema caratteriale, ancorché nulla di emerso a livello formale».
Qualche piccolo problema?
«Era recepito come un po’ duro verso i colleghi. Gli piaceva apparire».
Ci sono 68 minuti tra quando foste avvisati del naufragio e l’avvio dell’evacuazione. Voi sollecitaste Schettino a fare più in fretta o no?
«Se risponderà  al vero, quest’ora e passa di ritardo non è cosa normale, non è giustificabile».
Schettino parlò al telefono con Ferrarini, il vostro responsabile dell’unità  di crisi. Quando?
«Alle 22.05. Se è corretto ciò che leggo sui giornali, venti minuti dopo l’incidente. Troppi».
In quell’ora la nave era in asse. Potevate salvare molte vite.
«Io non ci dormo la notte. La nave non era in asse. Però, abbandonandola prima, non avremmo perso vite umane».
Ferrarini parlò con Schettino. Le risulta che gli disse «sbrigati»?
«Non lo so. Sappiamo cosa disse il comandante a Ferrarini perché è registrato a bordo. Ferrarini ascoltava. Il codice di navigazione attribuisce al comandante potere assoluto, l’armatore non può intervenire a modificarne le decisioni».
Ma non è vero che in caso di trauma durante il viaggio, quale ad esempio è uno sbarco notturno in emergenza, il risarcimento è di diecimila euro a passeggero? A conti fatti, trenta milioni, per il caso della Concordia. Non è forse abbastanza per sconsigliare al comandante un’evacuazione affrettata?
«Non abbiamo precedenti di questo tipo. Le assicuro in modo assoluto che nessuno ha ragionato in termini economici. Sarebbero scelte che violano la nostra etica».
Schettino parlò con altri della compagnia?
«Non lo escludo».
E voi parlaste con altri della nave?
«Sì. Con Manrico Giampedroni, il commissario di bordo, il nostro eroe, e con altri, credo».
Quando avete capito l’entità  del disastro?
«Solo quando è stato lanciato il segnale d’evacuazione».
Siete stati ingannati?
«Ci siamo costituiti parte offesa. E abbiamo mandato una lettera di sospensione a Schettino, inizio d’una procedura».
Però gli avete preso l’avvocato. Come mai?
«Abbiamo a che fare con esseri umani. Ma se lo paga lui».
Insomma, Schettino vi ha mentito o no?
«C’è un’indagine. Personalmente credo non sia stato onesto con noi. Ma non ho elementi per dire se fosse lucido».
Era ubriaco? Drogato?
«Credo fosse alterato emotivamente. Vedeva la sua creatura, la nave, affondare davanti a lui».
Qual è stato il ruolo del comandante Palombo quella notte?
«Ha parlato prima con Schettino. Poi ha chiamato il nostro direttore generale, Onorato. Erano le 22.25. Onorato ha chiamato me. Credo che, da comandante storico, Palombo si sentisse come in colpa, in qualche modo».
Anche per via dell’«inchino»?
«Lei intende, credo, la cosiddetta navigazione turistica. Si cerca di passare vicini alla costa, ma sempre in sicurezza».
Non sempre.
«Guardi, nel Today, il giornalino di bordo, annunciavamo quel giorno che saremmo passati a cinque miglia dal Giglio. È scritto, glielo mando per mail se vuole».
Certo. Ma avrà  sentito di consuetudini diverse…
«Non posso escludere che, d’iniziativa di qualche comandante e senza informarci, si prendessero rotte più vicine alla terraferma. Posso escludere tuttavia di avere mai saputo che l’avessero fatto non in sicurezza».
Gli elenchi dei dispersi sono stati un rebus… C’era gente non registrata?
«No».
La famosa ragazza moldava che parla di Schettino…
«Era una hostess di lingua russa, ha lavorato due mesi con noi. È sbarcata. È risalita il 13 come passeggera. Perfettamente registrata. Ho i documenti da mostrare ai magistrati».
Amica di Schettino?
«Non lo so».
Si è detto: equipaggio impreparato.
«I nostri corsi di addestramento sono i migliori».
Quella notte a bordo l’equipaggio restò solo o quasi. Schettino, il secondo, gli ufficiali, tutti sulla lancia…
«Le ragioni per cui Schettino è sbarcato sono da appurare. Forse è proprio caduto, scivolato nella lancia. Ci risulta da altre testimonianze. Certo, poteva cercare di risalire».
Costa Crociere, troppo glamour e poca sicurezza?
«Noi non lesiniamo su sistemi di segnalazione, sicurezza, sorveglianza. Poi, certo, siamo l’industria dei sogni».
In questo caso, degli incubi, mi perdoni. Lezioni da imparare?
«Replicare a terra il sistema di suoni e segnali quando una nave esce dalla rotta: dobbiamo saperlo prima. E lavorare col governo perché i comandanti non abbiano più potere assoluto, meglio una gestione più collegiale sul ponte».
Ha paura per il futuro della sua compagnia?
(Silenzio. Poi un singhiozzo trattenuto). «Io piango a una domanda così. Certo che ne ho, di paura. Ma conto sulla lealtà  dei nostri clienti. Noi resisteremo. Miglioreremo ancora. E una cosa così non accadrà  più. Mai più».

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