L’embargo, una guerra all’Iran

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Giorni fa il presidente degli Stati uniti Barack Obama ha firmato (pur controvoglia) una legge sulla difesa che obbliga la sua amministrazione a bloccare ogni transazione con la Banca centrale dell’Iran (e a imporre penalità  alle banche di paesi terzi che mantengano affari con quella iraniana, di fatto ricattando il resto del mondo ad adeguarsi alla scelta americana). Questo significa a tutti gli effetti rendere quasi impossibile per l’Iran continuare a vendere il suo petrolio, per il semplice fatto che gli acquirenti non potranno trasferire il denaro per pagarlo. «Questo equivale a un blocco militare dei porti petroliferi iraniani, gesto che sarebbe paragonato a un atto di guerra», scrive sul suo blog Gary Sick, già  consigliere per la sicurezza nazionale in diverse amministrazioni Usa, oggi studioso della Columbia University, tra i massimi esperti sull’Iran. Queste sanzioni «sono imposte in modo unilaterale, senza alcun riferimento al Consiglio di sicurezza dell’Onu», nota Sick. L’Unione europea va per la stessa via: il prossimo vertice del ministri degli esteri a fine gennaio potrebbe decidere l’embargo sul settore petrolifero iraniano, è stato annunciato (la Francia è tra i paesi che più hanno spinto per questo). L’«atto di guerra» dell’embargo petrolifero ha innescato uno scambio di minacce – bloccheremo lo stretto di Hormutz, manderemo le portaerei… Pochi le considerano realistiche (se non altro, Tehran sa che non fa il peso con la potenza militare Usa). Ma quando la tensione sale, il rischio di «incidenti» aumenta. Che ironia: fior di dirigenti militari e delle intelligence in Usa e in Israele definiscono «follia» l’ipotesi di una guerra con l’Iran. Almeno due ex capi del Mossad hanno ammonito a non ingigantire la minaccia che Tehran porrebbe alla sicurezza dello stato ebraico, o mondiale. Ma il solo scambio di minacce verbali ha portato il prezzo del barile sopra i 100 dollari, e ha fatto circolare previsioni catastrofiche in caso di vero scontro. Quanto costerà  l’embargo sul petrolio iraniano – all’Iran e a noi stessi? L’Iran troverà  altri acquirenti – anche se la difficoltà  di assicurare cargo e pagamenti eroderà  il suo reddito. Quanto a Europa e Stati uniti… insistenti notizie dicono che stanno cercando dall’Arabia saudita e altri paesi del Golfo (e magari da Libia e Iraq) garanzie che produrranno i due milioni di barili di petrolio al giorno necessari a compensare la produzione iraniana. L’Europa però è ben più dipendente degli Usa: sanzioni a noi stessi? Le pressioni, l’embargo, le esibizioni di muscoli sono appunto guerra con altri mezzi. Ciò che continua a mancare è la politica: la scelta della diplomazia, cercando terreni di negoziato.


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