Le terre dei Wixarika

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Gli indigeni di Santa Catarina Cuexcomatitlan sono riusciti, dopo 20 anni di lotta, a recuperare tremila ettari ilegalmente invasi dagli allevatori. Le comunità  di San Andres Cohamiata stanno litigando perché gli sia confermato il diritto sui propri 14.000 ettari. Mentre la comunità  di Banco de San Hipolito, nello stato di Durango, rischia di vedersi togliere altri 10.500 ettari – in barba agli accordi internazionali e alle raccomandazioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro sui diritti dei popoli indigeni.
I rappresentanti huichol non accettano la «regolarizzazione della terra» come viene definita dal Ministero messicano della Riforma Agraria, che tende a riconoscere la proprietà  ancestrale della loro terra solo dove non ostacoli i progetti di investimenti privati e pubblici. Ne è nata una vera e propria resistenza territoriale, in cui la tradizione wixarika del diritto collettivo all’uso della terra e delle risorse naturali si oppone al modello dello sfruttamento commerciale.
Nel municipio di Real de Catorce, nello stato di San Luis Potosà­, che secondo la mitologà­a Wixarika è la terra di origine (e quindi sacra) di questo popolo, alcune compagnie minerarie canadesi hanno ottenuto una concessione di 6.326 ettari (il 70% di questo territorio) per estrarvi argento e oro. La First Majestic Silver Co. e la sua prestanome locale Minear Real Bonanza potranno dunque aprire miniere in una zona che nel 1999 l’Unesco ha incluso tra i 14 siti sacri mondiali degni di protezione culturale e ambientale. Ogni anno gli indigeni Wixarita compiono un pellegrinaggio di 480 chilometri, spesso a piedi , per raggiungere questo sito sacro, Wirikuta, e riconciliarsi con le mitiche energie creatrici. 
Altri siti sacri sono stati distrutti. Inondati dalle dighe della Yesca ed El cajà³n, o dalla costruzione di strade come nel caso del progetto Bolaà±os-Hejuquilla. In questo caso però si sono accesi i riflettori, grazie alla campagna nazionale e internazionale lanciata dal Fronte in difesa di Wirikuta Tamatsima waha’a, e dall’attivista Kurt Emil Aanesen, a cui hanno aderito oltre 150 intellettuali, fra cui tre premi Nobel della letteratura (Jean Marie Le Clezio, Orham Pamuk e Tomas Transtrà¶mer), Paul Auster, Lawrence Ferlinghetti, Alejandro Jodorowsky, che chiedono di chiudere quelle miniere. In Messico stesso, un gruppo di senatori tra cui Francisco Castellon Fonseca ha firmato diverse interrogazzioni parlamentari al presidente della republica per bloccare almeno 22 concessioni private in progetto nel territorio Wixarika. La più devastante è quella di Playa del Rey, dove il Ministero dell’Ambiente messicano sei mesi fa ha concesso alla sconosciuta impresa turà­stica Desarrollo Turistico Paraiso un centinaio di ettari di costa per costruire hotel e porti esclusivi per yachts, oltre a una diga distruggerà  parte dell’area naturale protetta Marismas Nacionales: cioè una zona di mangrovie protetta dalla convenzione Ramsar, sito ornitologico piຠimportante dell’oceano Pacifico e zona sacra di Taeii Haramara, dove gli indigeni Wixarika vanno a venerare il mare e a pescare. Ora il progetto è bloccato, in seguito alle mobilizzazioni degli indigeni e della rete di ricercatori e scientifici Cofodes, appoggiati dall’associazione ambientalista californiana Coastal Environments. In alternativa stanno sviluppando un piano territoriale ecologico e participativo per questa zona costiera, dove la visione ambientale e quella tradizionale indigena creino economie locali ecosostenibili: una bella sfida


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