Le paure di Sarkozy «Se perdo lascio tutto»

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PARIGI — Mancano 80 giorni alle presidenziali, e per il presidente Nicolas Sarkozy sembra già  arrivato il momento di giocarsi il tutto per tutto. In viaggio in Guyana, a 7.000 chilometri da Parigi, sabato scorso ha confidato ai giornalisti del seguito — tenuti teoricamente al segreto — che «se perdo, non mi vedrete più». «È la prima volta nella mia vita che mi trovo a prendere in considerazione la fine della carriera — ha aggiunto sorridendo —. Oggi è un tema che si pone». Panico a Parigi tra gli uomini della sua maggioranza, ma per arginare il clima da smobilitazione Sarkozy ieri ha subito preso una decisione di segno opposto: domenica parlerà  ai francesi, un’intervista televisiva in diretta contemporanea sulle due reti principali Tf1 e France 2 e sui due canali all newsBfmTv e iTélé per tornare all’attacco annunciando misure straordinarie come l’«Iva sociale», o la vendita di terreni demaniali per rilanciare la costruzione di alloggi, o soprattutto una possibile fine delle 35 ore, il suo nemico preferito da anni.
Si prepara alla sconfitta o rilancia? Forse entrambe le cose. Per il presidente il momento politico è molto delicato, la perdita della tripla A è stata un pesante colpo al morale suo e all’immagine del Paese e girano indiscrezioni su sondaggi commissionati dall’Eliseo, che confermerebbero lo scenario drammatico e a lungo temuto di un Sarkozy bocciato al primo turno, superato da Marine Le Pen. Infine, il fine settimana passato è stato dominato dal grande meeting parigino di Franà§ois Hollande, apparso più convincente del previsto. 
Pur sempre in territorio francese, ma lontano dal cuore dell’azione, Sarkozy si è allora abbandonato a considerazioni crepuscolari. «L’ago, bisogna saperlo estrarre per gradi», ha detto ai giornalisti, mimando il gesto di chi dal braccio destro si toglie la siringa, un tempo piena di quella droga pesante che per lui è la politica. Già  la metafora scelta, quantomeno inusuale per un presidente della Repubblica, indica il clima poco protocollare che da anni Sarkozy ama ogni tanto creare attorno a sé. In quei casi, vige la regola dell’«off»: io sono il presidente della Repubblica, dico tutto in libertà  a voi giornalisti, e voi non scrivete una riga. Un accordo (quasi) sempre rispettato, nonostante gli evidenti problemi di correttezza nei confronti dei lettori. Stavolta i media coinvolti erano troppi, e la notizia troppo importante, perché l’embargo venisse rispettato. Ne esce un Sarkozy che non vuole «finire come Giscard», colto dalla depressione dopo la sconfitta con Mitterrand nel 1981, e riaccarezza il vecchio progetto di «mettersi a fare un mucchio di soldi»: come conferenziere «alla Bill Clinton», o da avvocato.
Il presidente si ostina a non candidarsi ancora ufficialmente preferendo mostrarsi al di sopra della mischia, dedito a salvare la Francia dalla crisi senza preoccuparsi delle meschinità  elettorali; ma comincia ad avere paura, dicono alcuni suoi deputati. Domenica proverà  a fare saltare il tavolo, e a riconquistare i francesi. Se la prodezza non dovesse riuscire, meglio prepararsi per tempo a una nuova vita lontano dall’Eliseo.


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