«Detenute discriminate»

by Sergio Segio | 27 Gennaio 2012 16:32

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Monjoo ha visitato le prigioni femminili di Napoli e Roma (oltre che istituti di detenzione minorile, ospediali psichiatrici giudiziari e centri d’identificazione ed espulsione degli immigrati), verificando la condizione di cronico sovraffollamento che «in taluni casi supera il 50% in piuÌ€ della capienza reale delle strutture». Ma il problema principale resta l’accesso all’istruzione e al lavoro: «Con il taglio dei fondi, si eÌ€ estremamente limitato il campo d’azione delle associazioni in grado di assistere le detenute in questo senso, e dello stesso Stato. Le opportunitaÌ€ di formazione eÌ€ impiego, per le donne detenute, sono ridotte all’osso». E, in un contesto del genere, ad avere la peggio, o a credere di essere discriminate, sono le minoranze: «Molte detenute appartenenti a questi gruppi, pensano che il fatto di non avere lavoro sia direttamente funzionale alla loro etnia».
Come pure le detenute lamentano «disparitaÌ€ di trattamento da parte di alcuni giudici di sorveglianza nel riesame delle sentenze per la scarcerazione anticipata delle detenute che soddisfano i requisiti per misure alternative al carcere». Secondo le informazioni della relatrice Onu, «c’eÌ€ preoccupazione per la disparitaÌ€ del trattamento riservato alle detenute nelle decisioni dei giudici in materia di pene alternative alla detenzione, e per l’applicazione incoerente della legge sull’affidamento in comunitaÌ€ o sulla destinazione agli arresti domiciliari». Nella percezione delle detenute, continua l’avvocato sudafricano, non c’eÌ€ certezza della legge: «Alcune delle intervistate hanno giaÌ€ scontato per intero la propria pena, non sono state scarcerate e non sanno spiegarne il motivo. Ma la maggior parte di loro, non si sente tutelata dagli avvocati d’ufficio che gli sono assegnati».
Infine, Monjoo sottolinea «i problemi che affrontano le donne detenute con figli minorenni all’interno e fuori dal carcere», e boccia l’ipotesi che le donne possano tenere con sé (in galera) fino al compimento dei 6 anni (ora ci restano dalla nascita ai 3 anni).

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