by Sergio Segio | 2 Gennaio 2012 9:47
ROMA – Bisogna far ripartire l’economia e varare un piano che riaccenda l’occupazione perché – senza interventi immediati – la carenza di lavoro e la scarsità di reddito, nei prossimi mesi, potranno far esplodere la tensione sociale. Per i sindacati è questa la prima emergenza del Paese, il punto numero uno che il governo deve mettere in agenda per il nuovo anno. Lo hanno detto ieri i tre leader di Cgil, Cisl e Uil e lo dicono anche i numeri. Sul tavolo del ministero dello Sviluppo economico ci sono infatti 230 casi di crisi aziendali in attesa di soluzione: interessano, compreso l’indotto, 300 mila lavoratori e mettono in pericolo, nel breve periodo, 30-40 mila posti. La cifra totale «non coincide assolutamente con il numero dei posti di lavoro a rischio» tiene a precisare il ministero, ma certo il quadro di partenza è complesso. Le vertenze aperte riguardano infatti una bella fetta dell’industria italiana: da Fincantieri a Irisbus, dalla Lucchini di Piombino alla veneziana Pansac, dall’Ansaldo Breda agli stabilimenti Fiat (situazione monitorata, ma sulla quale non c’è un vero e proprio tavolo). C’è tutto il polo chimico, il polo tessile del beneventano e in generale le aziende che hanno pochi sbocchi sul mercato internazionale. Un quadro ampio e critico che ha fatto scattare l’allarme dei sindacati. Susanna Camusso, leader della Cgil, lancia un messaggio chiaro: «Nei prossimi mesi – avverte – c’è il rischio di tensioni sociali crescenti: la recessione avrà un impatto duro su occupazione e redditi». Bisogna contrastarla «con un piano per il lavoro» perché «il rischio che cresca il conflitto man mano che cresce la diseguaglianza è reale». La Cgil, dunque, sul tema ha una visione diversa da quella espressa da Palazzo Chigi (il premier Monti, nell’ultima conferenza stampa, si era detto sicuro «che il Paese ci capisce e non ci saranno grandi tensioni sociali»). La Camusso, invece, apprezza il richiamo all’unità e alla coesione fatto dal presidente della Repubblica Napolitano nel messaggio di fine anno, ma chiede al governo «più coraggio». «Il mercato non basta, serve strategia e politica. Il professor Monti è disponibile a condividere strategie e politiche? Se lo è noi faremo la nostra parte». Una linea, quella del piano condiviso, sulla quale è d’accordo anche la Cisl di Raffaele Bonanni . Il fatto che nei prossimi mesi possano aumentare o meno le tensioni «dipenderà solo dal comportamento del governo – precisa il leader sindacale – noi volgiamo una concertazione vera su tutti i temi economici e sociali». Ma «la necessaria rapidità delle decisioni non può divenire un alibi per evitare il confronto con il sindacato. Non accetteremo pacchetti preconfezionati o ispirati da altri». «Le regole calate dall’alto – avverte anche il leader della Uil Luigi Angeletti – fanno poca strada. E l’aumento della disoccupazione non è un antidoto alla pace sociale, anzi è benzina sul fuoco: questo è il problema sul quale concentrarsi». Ma non è solo il sindacato a preoccuparsi del clima dei prossimi mesi, sul tema è ritornato ieri anche il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei. «Dobbiamo creare più coesione ed essere tutti più positivi – ha detto – A forza di seminare vento si raccoglie tempesta. Si tratta della tempesta della sfiducia, del tutti contro tutti, dell’avvilimento, della litigiosità esasperata e inconcludente, della rabbia sorda, ma che potrebbe scoppiare. Il clima di sospetto degli uni contro gli altri non conduce da nessuna parte».
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