by Editore | 19 Gennaio 2012 6:48
NEW YORK – Lasciate perdere i miti della Silicon Valley: dalla Cina venne il fondatore di Yahoo e in Cina va cercata la ragione dell’ascesa e caduta di Jerry Yang. A 43 anni l’ex ragazzo del web dice addio alla creatura confondata nel 1995 con David Filo.
E il mercato applaude: la compagnia che negli ultimi 12 mesi ha perso l’8,2% ha guadagnato il 4% nell’After hours di martedì – l’annuncio delle dimissioni è arrivato a Borsa chiusa – e quasi il 3% ieri. Vuol dire che il colosso ora dai piedi di argilla è considerato ancora profittevole. Soprattutto adesso che l’uscita del cofondatore fa saltare l’ultimo ostacolo alla vendita della divisione orientale del gruppo: Yahoo Japan e quell’Alibaba Group in cui gli americani avevano riversato le loro operazioni in Cina.
La parabola di Yang sembra l’opposto di quella di un altro mito dell’hi tech: Steve Jobs. «Perché Jerry Yang si è dimesso», è un titolo che sui giornali di tutto il mondo avevamo già letto: quattro anni fa. Il ritorno come ad nel 2007 – dopo la lunga pausa seguita al periodo eroico della fondazione – era stato salutato come quello di Jobs: il creatore defenestrato che torna in plancia di comando e ristabilisce la rotta. Allora Yahoo già cominciava ad arrancare sotto i colpi di Google – e Facebook l’avevano appena inventata. Ma l’ex ragazzo di Taiwan, svernato a San Jose, rifiutò sdegnoso la fusione che, in realtà , era un’annessione da parte di Microsoft. Sul piatto la compagnia creata da Bill Gates aveva messo 47.5 miliardi di dollari. E oggi Yahoo vale invece meno della metà : 19.1 miliardi.
Al posto del cinese arrivò Carol Bartz. Ma la prima donna al vertice di un gigante web fu a sua volta fatta fuori l’autunno scorso: proprio per gli scontri con un altro cinese, Jack Ma di Alibaba. Il fronte orientale vale la metà dell’intero gruppo ma i cinesi alla fine si sono rivelati un problema: la lotta per riprendersi l’autonomia ha finito per drenare tutti gli sforzi della madrepatria. E la vendita degli asset diventa ora il compito principale del nuovo ceo Scott Thompson.
Lasciando tutte le cariche, Yang dismette anche quel curioso titolo di “Chief Yahoo” con cui spadroneggiava nel board – proprio come un capo indiano evocato dal nome. Le tensioni con gli azionisti erano arrivate al punto per cui Daniel Loeb, che con la Third Point controlla oltre il 5%, ne aveva chiesto le dimissioni: anche per bloccare un progetto disperato con cui Yang stava sfruttando il suo 3,8% per tornare al controllo. «Il tempo è arrivato per perseguire altri interessi», ha scritto nella lettera di dimissioni. Il tempo è arrivato per Yahoo di ritagliarsi uno spazio forse più piccolo ma più produttivo tra il gigante del web Google e il social forum Facebook. L’addio del cinese d’America, e l’addio alla Cina, potrebbero essere solo il primo passo.
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