La Scuola del Capitano

by Editore | 20 Gennaio 2012 4:45

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Stiamo navigando sul Bar Baltico, un gran mare chiuso dentro una stanza. È notte, la notte nordica pennellata di luce opaca. Siamo a cinque miglia marine dal porto di Copenaghen. Il giovane comandante in jeans si mantiene ben lontano dalla costa, non gli passa neppure per la testa di fare “inchini” – né alla terraferma esultante, né a qualche bella signora – ed esegue meticolosamente le procedure. Lo assistono il timoniere e l’ufficiale di rotta. Non si avvistano scogli a sorpresa, di quelli che un attimo prima non c’erano e invece oplà . Nessuna sorpresa, nessuna collisione, nessun naufragio, nessuna fuga. Tutto avviene come deve, e la nave va.
Il simulatore di navigazione rappresenta il cuore dell’Accademia Italiana della Marina Mercantile, siamo nel quartiere genovese di Albaro, con il mare che brilla dietro le ultime case color pastello. È in questa vecchia villa che si formano gli ufficiali, è qui che studiano i comandanti che possibilmente comandano e non scappano di fronte al pericolo, e meno che mai lo provocano«È un bene che i giovani si formino nelle accademie, ma è qui, in mezzo al mare, che c’è la vera scuola. È qui che bisogna imparare la manovra e mettere in pratica le conoscenze acquisite sui libri, qui che si impara a confrontarsi con le persone, ad affrontare i disagi e i problemi e, alla fine, ad amare davvero questo mestiere». Nessuno, probabilmente, può dirlo meglio di Domenico Scotto, oggi comandante del nuovissimo “Jolly Diamante”, da pochi giorni nella flotta della compagnia “Ignazio Messina”, ma nell’aprile del 2009 sulla plancia di comando del “Jolly Smeraldo”, traghetto “tuttomerci” per tre volte assaltato dai pirati al largo delle cose somale. Di fronte ai colpi di kalashnikov sparati verso il ponte di comando, Scotto aveva tenuto i nervi saldi e invece di fermare la nave, aveva dato ancor più forza ai motori, cominciando a mettere in atto le uniche controffensive possibili: acqua gettata con gli idranti, ma soprattutto un rollio forzato della nave, tale da sollevare onde e tenere distante il barchino. 
Alla fine i pirati avevano desistito e Scotto aveva portato in salvo il traghetto. Diplomato all’istituto nautico, poi imbarcato sui piccoli mercantili fino ad arrivare alla Messina, prima compagnia di linea italiana, Scotto ha seguito il percorso formativo classico dei comandanti oggi in servizio.
Per i giovani, però, ora c’è un’opportunità  in più, quella dell’Accademia della Marina Mercantile che dopo due anni di formazione post-diploma conduce all’esame di allievo ufficiale. Che ne pensa, comandante Scotto?
«Sono d’accordo, anche perché in Italia è cambiato l’indirizzo scolastico. Non ci sono più gli istituti nautici di una volta, io mi sono diplomato nel ‘94, all’interno del progetto Orione, una formazione continua sulla navigazione, la sicurezza, la meteorologia e il nostro diploma era di allievo aspirante capitano di lungo corso. Navigavamo per diciotto mesi, contro i dodici di oggi. Oggi, quindi, dopo il nuovo diploma di perito è fondamentale che ci sia un ulteriore supporto esterno».
Studiare è fondamentale, insomma.
«Studiare è importante, importantissimo, lo dico sempre ai ragazzi: senza buone basi scolastiche non diventerete mai dei veri ufficiali, ma dei praticoni. Sappiate però che è il mare la grande scuola. Vede, portare una nave da Genova a Napoli, con la tecnologia satellitare, non è impossibile, sembra quasi di avere davanti un Tom Tom. Ma è l’arte marinaresca che bisogna apprendere, l’esperienza sulle carte nautiche, l’uso del sestante e del cerchio azimutale. Solo l’arte marinaresca aiuta a gestire le situazioni più critiche».
Ma qual è la caratteristica fondamentale di un buon comandante?
«La conoscenza sul campo, l’unica che può salvare la nostra categoria di comandanti italiani che, altrimenti, è destinata a sparire. Se non ci distinguiamo dal punto di vista della professionalità , chiunque ci può sostituire».

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