by Editore | 5 Gennaio 2012 9:53
È questa la decantata discontinuità con il governo Berlusconi? Anche il ministro Sacconi si divertiva a dividere i sindacati, da un lato quelli che chiamava «complici» (Cisl e Uil) e dall’altro la Cgil. Il ministro Passera ha fatto di più: ad Ancona i delegati di Fim e Uilm si sono dimessi per protesta contro un accordo imposto dall’alto dalle loro organizzazioni.
L’accordo separato, che accetta i 1243 esuberi voluti dall’azienda e la cancellazione del futuro per gli stabilimenti di Sestri e Castellamare, è ancora più grave perché la Fincantieri è controllata dalla Fintecna, finanziaria del ministero dell’economia. Ora, sotto l’incalzare delle proteste operaie, il ministero dello sviluppo economico ha dovuto fare un passo indietro, accettando di convocare tutti i sindacati per la prossima settimana.
La produzione automobilistica italiana vive in uno stato comatoso, con lo stabilimento di Termini Imerese chiuso e gran parte dei dipendenti delle altre fabbriche in cassa integrazione. E questo grazie alle performances di Marchionne che spiega come la causa di tutti i mali stia nei dieci minuti di pausa di troppo degli operai spremuti alla catena, e non nell’assenza di investimenti e nuovi modelli in Italia, mentre continua a spostare modelli e produzioni all’estero. L’ultima fabbrica che produceva autobus è stata chiusa, dallo stesso capitano coraggioso italo-canadese-svizzero, ad Avellino. Il trasporto ferroviario è diventato un lusso fruibile da pochi fortunati del Norditalia. Ci mancava soltanto lo smantellamento dei cantieri navali, benedetto dal nostro governo, per dare il colpo finale alla mobilità , oltre che al futuro di altre migliaia di lavoratori.
In un paese che galleggia nel Mediterraneo non dovrebbe essere difficile costruire un piano generale di mobilità sostenibile, eppure si sta affondando la famosa nave in cui siamo tutti quanti; il treno ha deragliato; gli autobus fanno fuso il motore; l’automobile ha fatto testa coda. Non è forse questa una priorità ? Non è più importante dei quotidiani assalti ai diritti di chi lavora, a partire dall’art.18? È troppo chiedere a un governo che promette di far ripartire il Paese e al ministro dello Sviluppo economico di dare un segnale? Forse ce lo impedisce l’Europa?
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