La Merkel rassicura: niente panico, la Ue acceleri sul patto di bilancio

by Editore | 15 Gennaio 2012 9:15

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BRUXELLES — «Le agenzie di rating fanno il lavoro, noi dobbiamo fare i nostri compiti». E il primo di tutti i compiti è qui, incombe: «Bisogna accelerare subito sul patto di bilancio». 
Sono passate 24 ore dalla grande batosta, dal declassamento nel giudizio di 9 Paesi. E questa – niente panico, ma rimboccarsi le maniche – è la linea che dà  o cerca di dare al resto d’Europa Angela Merkel, cancelliera tedesca, risparmiata dalla mannaia dell’agenzia Standard & Poor’s ma ben consapevole del fatto che quella mannaia può ormai lambire anche la valutazione «tripla A» conservata solo dal suo Paese e da altri tre nel continente. La Ue è oggi come un malato stordito da una botta notturna di febbrone. Angela Merkel propone il suo antidoto – «il giudizio di Standard & Poor’s non ha silurato il pacchetto di salvataggio per l’eurozona» – ma per alcuni non basta. Ovunque, reazioni con il segno comune della preoccupazione se non della paura: si va dalla rabbia della piccola Cipro che parla di «azione arbitraria e infondata», allo sconcerto della grande Francia («Non è una catastrofe», glissa amaro il premier Francois Fillon) o della Commissione Europea («scelta incoerente»), all’allarme del cancelliere austriaco Werner Faymann. A partire da Bruxelles, tutti condividono poi l’altro allarme, quello per le sorti del Fondo provvisorio salva-Stati Efsf (European Financial Stability Facility), che pure fregia le sue obbligazioni di una «tripla A» ormai in bilico: perché dipende, lo stesso Efsf, soprattutto da Germania, Finlandia, Olanda e Lussemburgo, le nazioni più solide e garanti delle sue raccolte di prestiti sui mercati. E non è un caso se il governatore della banca centrale austriaca Ewald Novotny ha suggerito con urgenza di «assicurare la tripla A» dell’Efsf anche «attraverso garanzie». A completare il quadro, le notizie in arrivo da Atene, dove le trattative sul debito greco sono sospese e la parola «default», insolvenza, risuona sempre più forte. 
Anche per questo, nell’ora del disorientamento generale, il podio più ascoltato nella Ue resta quello della cancelleria di Berlino. Niente esultanze per la mancata bocciatura, in quelle sale, cautela massima su tutto. Ma neppure quell’accenno di marcia indietro che altre capitali – critiche della presunta «inerzia» tedesca – forse si aspettavano. «Patto di bilancio» è il progetto di una nuova unione con regole più rigide, che insiste cioè sul rigore più che sulla crescita; parlando a Kiel, ai suoi compagni di partito, Angela Merkel batte e ribatte su questo punto: «In Europa abbiamo ancora molta strada da compiere prima che la fiducia degli investitori venga ripristinata, ci richiedono di applicare rapidamente il patto fiscale, senza cercare di diluirlo da ogni parte». La cancelliera si dice anche «non completamente sorpresa» dal duro giudizio delle agenzie di rating; come a ricordare a ciascuno le proprie responsabilità . Poi, però, un accenno di difensiva: quel giudizio non implica che «la Germania debba fare di più». E qualche sillaba a difesa di Parigi: «Standard & Poor’s non è l’unica agenzia al mondo…». 
Riaffiorano adesso i sospetti europei sul comportamento delle stesse agenzie, anche perché l’ultima mossa arriva mentre Bruxelles studia nuove norme per contenere i loro poteri. Olli Rehn, il commissario Ue agli affari economici, nota che il declassamento «stavolta non è casuale». Mentre il suo collega commissario all’Industria, Antonio Tajani, parla di «attacco proditorio e a orologeria». E da Trieste Giovanni Perissinotto, amministratore delegato di Generali, giudica «fuori logica» la decisione sull’Italia. Standard & Poor’s, però, rincara la dose: prevede una contrazione del Pil europeo fino all’1,5% nel 2012, e rimbecca i capi europei per la loro «disputa aperta e prolungata» su come affrontare la crisi. Molte chiacchiere e tanti vertici, dice in sostanza l’agenzia, «ma niente risorse aggiuntive». Risposte in ordine sparso, dal premier spagnolo Mariano Rajoy («sappiamo perfettamente che cosa fare») a quello belga Elio Di Rupo: «Bisogna dire la verità  alla gente, è il rigore che salverà  il nostro Paese». Domani però riapriranno le Borse, e come sempre diranno loro la parola decisiva. A tutti. 

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