Italiani in Ucraina per la truffa della fecondazione

by Editore | 18 Gennaio 2012 9:40

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BRESCIA — Un mercato di neonati in Ucraina, uteri in affitto per consentire a genitori senza prole di aggirare le rigide regole imposte in Italia dalla legge 40 sulla fecondazione assistita? Il sospetto è consistente dopo aver scoperto che in una clinica di Kiev nei primi cinque mesi del 2011 hanno partorito trenta donne italiane: sono arrivate in Ucraina solo qualche giorno prima del lieto evento e sono tornate a casa, quasi tutte, con un paio di gemelli. 
Ma non tutte le donne entrate in clinica erano incinta, i loro bambini sono stati partoriti da mamme in affitto: l’esito gemellare del parto è conseguenza della procreazione assistita. A scoprire i trenta parti insoliti è stata la Procura di Brescia, che ha indagato per alterazione di stato una coppia del lago d’Iseo. Gli inquirenti avrebbero anche individuato due referenti di una vera e propria organizzazione in azione tra Foggia e Milano. La Procura di Brescia si è limitata a indagare sulla coppia bresciana, gli altri casi sono stati segnalati alle Procure competenti. Le indagini sono iniziate lo scorso maggio quando l’ambasciata italiana in Ucraina ha contattato l’ufficio anagrafico del piccolo paese sul lago: servivano alcuni documenti per una coppia che aveva partorito a Kiev. Marito e moglie erano arrivati in Ucraina e il giorno successivo la donna aveva avuto due gemelli. Una contestualità  che ha risvegliato l’interesse dei carabinieri e della Procura. Le indagini hanno permesso di accertare la corrispondenza del Dna dei piccoli con quello del padre, ma non con quello della moglie, ma sul certificato di nascita spiccano il nome della madre e del padre bresciani. Dagli accertamenti bancari si è poi stabilita la cifra versata dalla coppia: cinquantamila euro. Marito e moglie hanno i figli che volevano da una vita, ma ora rischiano una condanna esemplare: la Procura ha chiuso le indagini per alterazione di stato, un reato che prevede fino a 15 anni di detenzione. I due respingono le accuse, negano di aver pagato una donna e l’organizzazione per avere i loro gemellini. La donna — ci sarebbero le intercettazioni telefoniche — era anche disposta a trovare un medico compiacente che la operasse per mostrare i segni di un recente taglio cesareo. E un medico, in effetti, rischia di finire nei guai: un traumatologo avrebbe firmato alcuni certificati medici per attestare il parto recente della signora. 
Il caso per la Procura è chiaro: la coppia bresciana ha affittato un utero a Kiev, dopo aver visionato le donne disponibili, poi è volata in Ucraina per il parto e dopo pochi giorni il rientro a casa con i due neonati. Una scelta dettata dall’impossibilità  di avere bambini e dai vincoli della normativa. Un viaggio della speranza per la coppia bresciana. Lo stesso viaggio intrapreso anche dalle altre coppie.

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