Iraq, arrestati gli assassini di Nassiriya

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Sono proprio loro al di là  di ogni ragionevole dubbio gli autori della strage di Nassirya. Sette terroristi di una cellula vicina ad Al Qaeda, fermati per un’indagine relativa a un altro massacro, hanno confessato la loro diretta responsabilità  nell’attentato alla base italiana Maestrale in Iraq che otto anni e due mesi or sono costò la vita a 28 persone, di cui 19 erano nostri connazionali – 12 carabinieri, 5 soldati, due civili – oltre al ferimento di altre 58 persone, 19 delle quali militari del nostro contingente di pace. Ne dà  notizia l’agenzia irachena Aswat Al-Iraq citando un funzionario della Provincia di Dhi Qar, di cui Nassiriya è il capoluogo, che si trova a circa 300 chilometri a sud di Bagdad.
E poco importa che in fondo solo per caso si sia arrivati alla verità  sul più grave fatto di sangue che abbia coinvolto le forze armate italiane dalla fine della seconda guerra mondiale. Ciò che conta infatti è che giustizia possa essere finalmente fatta. Per quelli che ci hanno rimesso la vita e soprattutto per le loro famiglie. 
Le indagini su un recente attacco suicida perpetrato a Batha (una cinquantina di chilometri da Nassiriya) portano qualche giorno fa all’arresto di un gruppo di sospettati. Sette di loro confessano di aver fatto parte del commando che ha pianificato e attuato l’attentato suicida contro la Camera di Commercio di Nassiriya, dove per l’appunto aveva sede la base italiana. La cellula sarebbe indipendente, vicina ad Al Qaeda, ma autonoma. E soprattutto non avrebbe legami con quella che a Batha lo scorso 15 gennaio ha fatto a pezzi cinquanta pellegrini sciiti e ne ha feriti altri 80 mentre erano in marcia verso per Kerbala per rendere omaggio alla tomba dell’imam Husseyn. 
Ma ritorniamo a quel tragico mattino del 12 novembre di otto anni fa. Nella base Maestrale di Nassiriya, in pieno centro città , sembra un giorno come tutti gli altri. Poi, alle 10.40 si scatena l’inferno. Un camion imbottito di esplosivo si lancia a tutta velocità  contro la palazzina di tre piani che ospita i carabinieri della Msu (Multinational specialized unit). Il camion è riuscito a forzare il posto di blocco all’entrata della base, situata nella vecchia sede della Camera di commercio locale. I terroristi aprono il fuoco contro i militari a guardia dell’ingresso, che rispondono senza però riuscire a fermare il mezzo. Travolte anche le barriere passive (reti e fili spinati) poste a difesa della struttura. Un kamikaze, il marocchino Abu Al Kacem seduto su una bomba di centinaia di chili di tritolo sventra gran parte dell’edificio, posto sulle rive del fiume Eufrate, e danneggia una seconda palazzina dove ha sede il Comando. Nel cortile molti mezzi militari prendono fuoco. In fiamme anche il deposito delle munizioni. Un cratere si forma nel luogo dell’esplosione. Sotto le macerie rimangono 12 carabinieri della Msu (Enzo Fregosi, Giovanni Cavallaro, Alfonso Trincone, Alfio Ragazzi, Massimiliano Bruno, Daniele Ghione, Filippo Merlino, Giuseppe Coletta, Ivan Ghitti, Domenico Intravaia, Horatio Maiorana, Andrea Filippa); cinque uomini dell’esercito (Massimo Ficuciello, Silvio Olla, Emanuele Ferraro, Alessandro Carrisi e Pietro Petrucci); due civili, il regista Stefano Rolla, che stava facendo un sopralluogo per un film sulle missioni di pace e l’operatore della cooperazione internazionale Marco Beci.


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