by Editore | 5 Gennaio 2012 9:13
Mitt Romney, l’ex governatore repubblicano del Massachusetts, è da ieri lo sfidante virtuale di Barack Obama nella corsa alla Casa Bianca. La prima investitura gli arriva dai tumultuosi caucus dell’Iowa, dove le assemblee gli assegnano la notte una vittoria di stretta misura – otto voti: lo 0,10 per cento – su Rick Santorum, il pupillo degli ultrà repubblicani e degli evangelici. A incoronare Romney, però, più del voto risicato è la salva di colpi già partita al suo indirizzo dalla Casa Bianca quando Joe Biden, il vicepresidente in persona, gli dà del «mercante di ricette economiche scadute e fallite». Concentrando il fuoco su Romney, la squadra di Obama gli riconosce la statura del rivale. Poco dopo, anche uno dei “grandi vecchi” repubblicani, John McCain, candidato alle presidenziali nel 2008, gli offre il proprio sostegno, consegnandogli il bacino di voti degli indipendenti, fondamentale per il successo nelle primarie del New Hampshire, il 10 gennaio. Se poi Romney riuscisse nel doppio colpo – assicurandosi la palma del New Hampshire – la sua sarebbe una fortuna di proporzioni storiche.
Per ora il governatore mormone dal sorriso kennedyano, seguito dal drappello smagliante della moglie Jane e dei cinque figli a fargli da cornice patinata sul palco, è tallonato da due aspiranti candidati dai tratti dissonanti: il cinquantenne Rick Santorum, della destra oltranzista, e l’anziano Ron Paul, ex deputato, medico, scrittore, liberal-radicale, “padrino” del Tea Party, eterno concorrente alle presidenziali. Di rado s’era visto un trio tanto disarmonico al nastro di partenza. Dal voto dell’Iowa, per la prima volta non emerge con chiarezza la figura del candidato-modello per la riconquista della Casa Bianca.
Il quarto in classifica, Newt Gingrich, non molla; anzi, promette a Romney agguati e guerre di corsa, intanto gli scaglia epiteti roventi («Bugiardo», ieri, tanto per gradire). Il texano Rick Perry, quinto, si rintana nel ranch a «meditare», forse in attesa di alleati. Michel Bachmann, penultima, “stella” del Tea Party, ritira la candidatura, però prima spara una bordata di rito contro il «socialista Obama». Dall’Iowa in poi, la gara repubblicana si preannuncia ancora più costosa, “brutta e cattiva”.
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