Il pestaggio, l’indagine e il figlio di Alemanno: un caso politico
I saluti romani a bordo vasca, la lite fra due comitive di minorenni, la successiva irruzione di un manipolo di violenti più grandi e l’aggressione a un quindicenne, amico del figlio, picchiato a sangue da un giovane di estrema destra.
Una vicenda venuta alla luce solo dopo l’articolo di ieri su «il Fatto Quotidiano» che ha scatenato polemiche a non finire: a quel pestaggio ha infatti assistito il figlio del sindaco Gianni Alemanno, allora quattordicenne, alunno del Convitto nazionale a Prati ed eletto nel novembre scorso per Blocco Studentesco nella Consulta provinciale degli studenti. Alemanno e la moglie Isabella Rauti (sopra) sono indignati e ieri hanno dato incarico all’avvocato Maria Grazia Volo di querelare «Il Fatto» per diffamazione. «Le nove colonne in prima pagina sono il punto più basso toccato dalla polemica politico-giornalistica — spiega il sindaco —. È evidente che nostro figlio è stato un involontario testimone di un fatto gravissimo. Respingiamo in maniera netta e decisa l’insinuazione di aver tentato in qualche modo di insabbiare l’indagine». Intanto però il Pd ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri per chiedere «per quali ragioni le indagini sul raid fascista del 2009 siano in corso di archiviazione».
«È vero, c’è questo rischio — conferma il chirurgo, marito della giornalista del «Messaggero» Marida Lombardo Pijola, anche lei in prima linea nella ricerca della verità —. Io stesso, testimone dell’episodio, sono stato ascoltato solo un anno dopo e poi ancora nell’agosto scorso: la polizia mi ha mostrato foto di ragazzi più grandi di quelli che fecero irruzione a casa mia. Le facce erano cambiate e io non ho potuto riconoscerli. Ho chiesto però il motivo del ritardo nella mia convocazione e mi è stato risposto che i tempi di un’indagine sono questi». Una storia ancora piena di interrogativi, legati non solo alla presenza del figlio del sindaco, anch’egli vittima di un’aggressione a piazza Euclide nel marzo 2010.
«Quel giorno ho fermato il picchiatore — ricorda il medico —, l’ho spinto via e lui è scappato dal comprensorio. L’ho inseguito: ad aspettarlo c’erano almeno 10 scooter e una Mercedes Classe A, guidata da un uomo. Ho poi scoperto, durante una riunione a casa nostra fra i genitori dei ragazzi, alla quale ha partecipato anche la moglie del sindaco, che si trattava proprio del suo autista. È stato lui a portar via l’aggressore nonostante gli avessi gridato di fermarsi. Poi, faccia a faccia, minimizzò dicendo di non avermi sentito e che comunque quel pomeriggio si era trattato solo di una ragazzata». La vittima del pestaggio non ha mai sporto denuncia. «Perdeva sangue dal volto, ma per fortuna non era grave — dice ancora Vitelli —. Per paura però quel ragazzo non è mai andato dalla polizia: si dichiarava “berlusconiano” e in piscina aveva litigato con gli amici del figlio di Alemanno perché facevano i saluti romani. C’è il sospetto che sia stato uno di loro a telefonare ai picchiatori. Possibile che finora nessuno abbia mai fatto accertamenti su quelle chiamate?».
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