Il Pd accusa Merkozy e le agenzie Il governo ammette: è una sberla

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Venerdì sera era stato il premier Monti, negli incontri con i leader dei partiti che lo sostengono, a minimizzare l’effetto sull’Italia dell’ultimo declassamento dell’agenzia di rating, Standard & Poor’s. Ieri invece ci ha pensato la ministra Fornero a rivelare come realmente l’ha presa il governo dei tecnici: male. «Questa estate siamo stati vicinissimi al baratro, lo abbiamo evitato ma siamo ancora in presenza di un tira e molla. E certo quello che è accaduto ieri è una sberla che ci ributta in avanti rallentando il recupero», «una vera sberla che rende più difficile i rapporti tra i diversi Paesi europei nel risolvere la crisi», dice, dalla presentazione del libro di Emma Bonino a Torino. 
Il giudizio di S&P sul governo Monti non è esaltante ma neanche terribile: il cambiamento con il precedente governo «è marcato», dice il rapporto, anche se «i progressi italiani non sono sufficienti a superare i venti contrari». Stavolta è l’agenzia di rating a dire che il rigore non porta alla crescita. Non più solo la sinistra più o meno radicale italiana, dal Pd in avanti. Per Paolo Ferrero, segretario Prc, S&P certifica il fallimento delle politiche del nostro governo tecnico, di Merkel e Sarkozy: «Producono recessione e non servono a nulla contro la speculazione». «Il fondo salva stati europeo è come non esistesse più, per l’Italia sarà  quasi impossibile finanziare il debito a tassi accettabili», «l’unica strada per uscire dalla crisi consiste in un forte intervento pubblico a partire dall’acquisto da parte Bce dei titoli di stato, della costruzione di banche pubbliche. E del blocco delle liberalizzazioni» che «favoriscono gli speculatori e le concentrazioni finanziarie».
Se il fallimento è un giudizio politico, certo è che non va bene per Monti. E lunedì al risveglio delle borse andrà  peggio. Tanto che i leader dei partiti che lo sostengono debbono sottolineare, come fa Gianfranco Fini, che «la bocciatura è per tutta l’eurozona», ma S&P «riconosce al governo Monti la capacità  e il coraggio di avere aggredito alcune criticità . L’incertezza sta nelle resistenze della politica agli interventi del governo». Gli fa eco D’Alema – del resto i due ragionano insieme a Treviso, dalla quarta edizione dei ‘dialoghi asolani’, iniziativa congiunta di Farefuturo e Italianieuropei -. «L’unica risposta possibile è procedere nella strada intrapresa, rafforzando le misure già  assunte per incoraggiare la crescita. Non si tratta di una questione solo italiana. E poi non considero le agenzie di rating un oracolo’ un tribunale supremo. Il loro attacco è un giudizio di cui tenere conto, ma senza esagerare». 
Dal Pdl hanno gioco facile i commenti quasi cvcompiaciuti: «La Francia va giù e Sarkozy non ride più», dice Angelino Alfano, «adesso – si dessero tutti una calmata nei confronti dell’Italia che è un grande Paese». Un risarcimento postumo, per l’ex maggioranza. Postumo fino a un certo punto, poi: lo spread non scende. Nel palazzo, il governo tecnico gode di una sterminata maggioranza. Ma giovedì alla Camera i voti pro Cosentino sono stati 309: esattamente quelli raccolti dal governo Berlusconi nell’ultima votazione, mezz’ora prima di dimettersi. Insomma: non è cambiato niente.
Per questo il Partito democratico deve barcamenarsi. Bisogna «accelerare una piattaforma dei progressisti europei», dice il segretario Pier Luigi Bersani, perché «la linea Merkel-Sarkozy si dimostra che non salva l’Europa». E però è anche la linea di Monti, che i certo non è rubricabile fra i «progressisti europei». Cioè la linea che il Pd, sia pure con qualche mal di pancia, sostiene a Roma.


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