by Editore | 4 Gennaio 2012 9:53
Rabbia nel Palazzo. I dati sui costi del parlamento diffusi dalla commissione Giovannini attraverso il sito del governo spiazzano deputati e senatori. Sono dati «del tutto provvisori e di qualità insufficiente», scrive lo stesso presidente dell’Istat Enrico Giovannini nella relazione che, come prescrive la legge, ha depositato a fine anno. Eppure consentono a molti organi di stampa di titolare sugli stipendi record degli onorevoli italiani. I più alti d’Europa. Si arrabbia il presidente del senato Schifani che fa notare come il governo non abbia nemmeno avuto la gentilezza di trasmettere lo studio a palazzo Madama. Forse perché le tabelle comparative con gli altri grandi paesi europei sono riferite ai deputati. Ma si arrabbia anche Fini, che pure era stato informato. E fa diffondere cifre alternative. Dalle quali risulterebbe che è vero il contrario. Gli onorevoli nazionali sono i meno pagati. Potenza dei numeri. Mentre volano cifre altissime, 16mila euro al mese per ogni deputato, i questori della camera cominciano a fare la tara. Lo stipendio vero e proprio, l’indennità , è di «soli» 11mila e rotti. Quindi, spiega l’ufficio stampa di Montecitorio, al netto delle ritenute previdenziali, fiscali e assistenziali e pure delle tasse regionali e comunali stiamo sui 5mila. Meno della Francia (di 30 euro) e della Germania (di 100) e dell’Austria (di 400). Certo più degli ascetici spagnoli che con meno di 3mila si ritengono soddisfatti. La comparazione con i colleghi europei, però, spiega la commissione Giovannini, è impossibile. Perché la busta paga dell’onorevole italiano è omertosa. Fuori busta piovono rimborsi garantiti, 3.500 di diaria, 1.330 di trasporti urbani (gli extraurbani sono gratuiti, tutti), e 3.690 per l’ormai famoso rimborso forfettario delle «spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori». Sono queste le somme destinate a pagare la rappresentanza, la segreteria e il collaboratore. Spese che solo in Italia non sono controllabili. L’unico incentivo alla pubblicità sta nel fatto che i collaboratori assunti con un contratto regolare ricevono un tesserino per la circolazione nel Palazzo. Ma nel 2010 erano solo 230 su 630 gli onorevoli che avevano regolarizzato il loro «portaborse». La grande maggioranza preferisce pagare in nero, anche perché la cifra è garantita qualunque sia l’utilizzo che il deputato ritenga di farne. I collaboratori parlamentari che si sono costituiti in coordinamento chiedono che venga adottato il modello europeo, in maniera tale che la funzione sia portata alla luce e che l’indennità (oggi si aggira sui 1.200 euro) sia direttamente corrisposta dal parlamento. Anche perché è già così per i presidenti di commissione che hanno diritto a nominare un assistente, che per la durata della legislatura o del rapporto fiduciario con l’eletto viene assunto in carico dall’istituzione. Intanto i presidenti conservano anche il diritto al rimborso forfettario. L’intenzione di Fini e Schifani è di correggere questa anomalia tutta italiana, la più vistosa assieme ai vitalizi sui quali il parlamento è già intervenuto. Il problema è che il rimborso per gli assistenti – che è erogato attraverso il gruppo parlamentare – è spesso il canale attraverso il quale gli onorevoli contribuiscono alle spese del partito, lasciando quella somma in parte a disposizione del gruppo. In ogni caso sia il presidente del senato che il presidente della camera rivendicano a gran voce il diritto del parlamento a regolare da solo i suoi affari. Lo avevano già fatto a dicembre bloccando il governo che pensava a una tagliola sulle indennità . Annunciano «prossime iniziative» specificando che saranno autonome. Gli uffici di presidenza decideranno sui collaboratori e probabilmente anche sui viaggi (mettendo un tetto a quelli gratuiti) entro fine mese. Aspettando di prendersi una rivincita quando entro marzo la commissione Giovannini tirerà le somme sui trattamenti economici dei circa 125mila rappresentanti degli enti locali e soprattutto dei 350 alti burocrati, commissari e giudici riuniti sotto la sigla «incarichi di vertice».
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