by Editore | 25 Gennaio 2012 9:27
Erano stati gli unici, due giorni prima della protesta dei tir, ad assicurare che il paese si sarebbe bloccato. Si chiamano «Dignità sociale», una sigla che riunisce «gli agricoltori e i carabinieri». Una strana alleanza alla quale qualcuno aggiunge anche un terzo elemento, «le forze armate».
Nel laboratorio politico della destra, in provincia di Latina, questo composito movimento in tanti lo prendono sul serio. È guidato da un ex generale dei carabinieri, Antonio Pappalardo, che nella sua lunga carriera politica – iniziata negli anni ’90 – ha attraversato tanti gruppi, soprattutto della destra populista, partendo nel 1992 dal Psdi. Nel 2000 l’ex generale fu duramente censurato dall’allora sottosegretario di stato alla difesa Giovanni Rivera, dopo la pubblicazione di un «documento dove – spiegava Rivera – si prospetta per l’Arma dei carabinieri l’assunzione di un ruolo politico autonomo e, addirittura, di guida nel promuovere la rifondazione dello Stato e l’avvio di una profonda riforma sociale». Parole che scatenarono una vera e propria tempesta, con accuse di golpismo strisciante.
Oggi a distanza di anni Pappalardo ha trovato il terreno fertile per le sue mire politiche in una parte di quel movimento che sta paralizzando l’Italia, grazie all’alleanza con un leader storico degli agricoltori di Latina, Danilo Calvani. Da almeno un paio d’anni in questa zona del sud del Lazio un consistente numero di imprenditori agricoli ha sconfessato i tradizionali sindacati della categoria, riunendosi attorno al Cra, il Comitato riuniti agricoltori. La prima battaglia fu sulle quote latte, per poi dirigersi contro Equitalia. Per diversi mesi lo scorso anno hanno occupato i piazzali del palazzo dell’Inps a Latina, contestando le cartelle esattoriali partite dall’istituto previdenziale.
Il 15 gennaio scorso il nuovo movimento che lunedì ha mosso i trattori sulla via Pontina, bloccando per ore il traffico, si è ufficialmente costituito, con Antonio Pappalardo nella carica di presidente e Danilo Calvani di segretario generale. Il primo atto è stato l’invio di una lettera al presidente Napolitano, dove spiegano che «gli agricoltori e i carabinieri, veri cardini della nostra società onesta e laboriosa, hanno deciso di non subire ulteriori scelte tali da compromettere la già grave crisi economica e finanziari generale». Erano i giorni dell’inizio della rivolta dei forconi in Sicilia.
L’ex generale l’isola che ha dato il via alla rivolta che ormai copre l’intero paese la conosce bene. È nato a Palermo nel 1946 e, all’inizio della sua carriera politica, si alleò con un pezzo da novanta della società siciliana che conta, il principe Alliata di Montereale, suo referente durante le elezioni comunali romane del 1993. Nell’ottobre del 2000 – dopo le polemiche sul suo documento sul ruolo dei carabinieri – aderì il movimento politico Nuova prospettiva, radicato in Sicilia, oltre che in Campania, in Umbria e nel Lazio. E oggi è divenuto uno dei principali referenti del centro Italia del movimento dei forconi. Quando la scorsa settimana aveva annunciato il blocco delle strade italiane in pochi si erano preoccupati. «Siamo già oltre 300 nel direttivo – aveva dichiarato l’ex generale – e stanno arrivando adesioni dalla Valtellina, da Bologna e anche dalla provincia di Campobasso. Noi ci metteremo lì, e aumenteremo il nostro presidio giorno per giorno», promettendo poi una lotta «ad oltranza». Un groviglio curioso, da seguire con attenzione.
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