by Sergio Segio | 6 Gennaio 2012 9:24
Ma non è con simili considerazioni che ci si può consolare dopo l’ultimo episodio di sangue avvenuto a Roma, che ha fatto iniziare il 2012 così come s’era chiuso il 2011. A colpi di pistola. Le convinzioni di investigatori e responsabili della sicurezza devono servire a non enfatizzare, a ragionare a mente fredda, ma non possono diventare l’alibi per sottovalutare la situazione. Se non si vuole usare il termine emergenza se ne può trovare un altro. Allarme, magari. Ma il problema non sono le parole. E se il pericolo non sta nelle statistiche, giacché gli omicidi restano nella media, si annida da qualche altra parte. Per esempio nel crescente utilizzo delle armi, anche per commettere reati di piccola entità ; come poteva essere, un tempo, una rapina da tremila euro ai danni di un negoziante immigrato. Oggi accade, come accade che pure i piccoli conti interni alla malavita di più basso livello vengano regolati con le rivoltelle. Prima non succedeva. È il vero salto di qualità , che fa scendere il livello della sicurezza e preoccupa chi non vive di malaffare e può diventare bersaglio di agguati dalle terribili conseguenze, o vittima di delinquenti improvvisati e maldestri. Avviene per via della crisi economica che riguarda anche il sottobosco criminale dei centri grandi e piccoli, e per tante altre possibili ragioni. Ma un piccolo spacciatore agli arresti domiciliari presso una casa famiglia sorpreso con una pistola dalla matricola abrasa e il colpo in canna, com’è capitato l’altra notte a Roma, è una spia molto allarmante. È il segno di una degenerazione che va presa sul serio e affrontata con determinazione. Stiamo parlando della capitale d’Italia, ma è questione che riguarda l’intero Paese. Perché l’aumento dei cosiddetti «reati predatori» si registra anche altrove, da Milano in giù. E dunque coinvolge tutti. Il governo in carica è nato per fronteggiare in primo luogo la crisi economica, ma evidentemente non è quella l’unica urgenza da tamponare. Non fosse altro perché l’allargamento della criminalità , o il suo imbarbarimento, può essere considerato un aspetto dell’emergenza più grande. Se il ministro dell’Interno ha convocato un apposito comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza, vuol dire che ha capito la necessità di intervenire. Con nuovi strumenti, se servono, altrimenti con impulsi mirati agli uomini e alle strutture già in campo. Anche alla magistratura spetta il compito di non sottovalutare la situazione, e non considerare indagini o processi di serie B quelli dove non compaiono nomi altisonanti e per cui non si finisce sui giornali. La criminalità metropolitana ordinaria, micro o macro che sia, va perseguita almeno con lo stesso impegno profuso nelle inchieste dai risvolti economici, politici o storici che attirano maggiore attenzione. Stesso discorso per le forze di polizia, costrette a usare una coperta sempre troppo corta. Infine la politica potrebbe cogliere l’occasione per comprendere una volta per tutte che su questa materia è meglio evitare strumentalizzazioni. La delinquenza che tocca più da vicino i cittadini va contrastata, non utilizzata contro gli avversari. A Roma chi ne ha fatto una bandiera per vincere le elezioni si trova adesso a pagarne le spese, con pochi successi da esibire e molte gatte da pelare. Che almeno serva da lezione per il futuro.
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