Il cambio che tenta Hamas

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Il leader di Hamas Khaled Meshaal oggi è in Giordania per uno «storico» colloquio con re Abdallah. E’ il traguardo «diplomatico» più prestigioso raggiunto da Meshaal che, in questi ultimi mesi, ha guidato il movimento islamico palestinese al conseguimento di risultati senza precedenti nel mondo araboislamico. Il colloquio ad Amman ha il sapore di una rivincita per Meshaal che fu espulso dalla Giordania nel 1999, assieme ad altri quattro leader di Hamas (decisive le pressioni di Israele). Meshaal trovò rifugio tra le braccia accoglienti di Damasco dal quale ora sta divorziando per continuare il flirt con la Turchia di Erdogan. Ma l’obiettivo più immediato ora è la Giordania, stretta alleata degli Usa e sponsorizzata dalle ricche petro-monarchie del Golfo. Il riavvicinamento tra la monarchia hashemita e il movimento islamico palestinese è scontato. Qualche settimana fa il premier giordano Awn al-Khasawneh ha affermato che l’espulsione del gruppo dirigente di Hamas era stato «un grave errore». Quello ad Amman però potrebbe essere l’ultimo viaggio di Meshaal come capo dell’ufficio politico di Hamas (15 membri). Qualche giorno fa l’esponente islamico ha ribadito che non si ricandiderà  per un nuovo mandato e ha informato il Consiglio della Shura (55 membri) di Hamas del suo desiderio di farsi da parte. E non ha cambiato idea di fronte all’insistenza di coloro che gli chiedono di ritornare sulla sua decisione. Meshaal, in realtà , è costretto a farsi da parte dalle tensioni al vertice del movimento, provocate dalla svolta moderata che di recente ha impresso ad Hamas. E’ entrato in conflitto con l’ala militare del movimento e la corrente politica oltranzista che stanno cercando di impedire l’ascesa del premier di Gaza, Ismail Haniyeh, protagonista nelle scorse settimane di un tour in capitali di paesi arabi ed islamici – Egitto, Sudan, Turchia e Tunisia – dove è stato accolto con il tappeto rosso. Da domani Haniyeh sarà  impegnato in un secondo giro nella regione che lo porterà , tra l’altro, a Tehran dove tenterà  di recuperare i rapporti con l’Iran, che ha accolto con disappunto la decisione (non ufficiale) di Hamas di mollare Bashar Assad. Tempi e modi del passaggio di consegne da Meshaal al suo successore restano incerti. Non è chiaro quale direzione verrà  presa se il cambiamento al vertice sarà  confermato. «I moderati legati a Meshaal vorrebbero passare subito il comando ad Haniyeh, che gode di prestigio nel mondo arabo. L’ala più dura preferisce Musa Abu Marzuk, finora numero due di Meshaal a Damasco», spiega al manifesto un giornalista di Gaza, vicino al movimento islamico. I militari sono contrari a un Hamas solo «politico», non più impegnato nella «resistenza armata» contro Israele. I comandanti della milizia “Ezzedin al Qassam” e delle forze di sicurezza si oppongono anche alla riconciliazione con Fatah e Anp che, a loro dire, finirebbe per regalare al presidente Abu Mazen il controllo, almeno parziale, della Striscia di Gaza che dal 2007 è nelle mani di Hamas e, di fatto, è diventata una entità  politica separata dalla Cisgiordania. Dalla parte dei militari c’è l’ex ministro degli esteri, e tra i fondatori del movimento nel 1987, Mahmoud Zahar, deciso dare pieno appoggio alla candidatura di Musa Abu Marzuk che, nelle scorse settimane, ha trasferito la famiglia dalla Siria in Egitto e potrebbe stabilirsi proprio a Gaza (con la benedizione del Cairo). Meshaal e Haniyeh da parte loro sono convinti che i movimenti tellurici prodotti nella regione dalla «primavera araba», hanno portato al potere i Fratelli musulmani in vari paesi (Tunisia, Egitto, Marocco) e lo stesso potrebbe accadere nel giro di qualche mese anche in Siria. Senza dimenticare che la Fratellanza islamica, in una forma originale e più moderna, ha piantato stabilmente le radici ai vertici del potere in Turchia. Condizioni impensabili appena qualche anno fa, che offrono ampi margini di manovra politica e diplomatica a Hamas per legittimarsi nel mondo arabo. Senza dimenticare che un po’ tutti danno il movimento islamico in forte ascesa anche in Cisgiordania. Hamas, secondo Meshaal, quasi certamente rivincerà  le prossime elezioni nei Territori occupati palestinesi. Per questo è suo interesse riconciliarsi con Fatah e Anp e andare al voto. Stavolta, aggiunge il leader uscente, anche i regimi arabi alleati degli Usa saranno dalla sua parte.


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