Knight Vinke compra Eni e torna alla carica
MILANO — Per il fondo «attivista» Knight Vinke l’ultimo fronte in ordine di tempo, per la verità , è stato quello della francese Carrefour. Il suo numero uno, Eric Knight, a fine dicembre scorso ha chiesto un posto nel consiglio di amministrazione del colosso della grande distribuzione. Ma anche se impegnato in questo delicato passaggio, Knight Vinke non ha comunque perso di vista il dossier Eni-Snam rete gas. Ormai il fondo Usa è socio del gruppo guidato da Paolo Scaroni da cinque anni, e in tempi recenti ha addirittura arrotondato al rialzo la sua quota, che in questo momento si situa «tra l’1 e l’1,5%» del capitale. A valori di Borsa si tratta quindi di un investimento tra 670 e un miliardo di euro.
Ma ora che l’obiettivo lungamente perseguito dello scorporo di Snam potrebbe essere centrato (oggi il decreto liberalizzazioni), Knight non esita a lanciare qualche messaggio. Intanto quello più «filosofico», rivolto al governo Monti. La separazione e la discesa dell’Eni nella Snam, a suo dire, sarebbe uno dei migliori segnali che l’Italia potrebbe mandare ai mercati internazionali per recuperare la credibilità persa nel recente passato. «La cessione della quota di maggioranza — aggiunge — non sarebbe però solo un messaggio. Sarebbe una mossa che libererebbe risorse importanti per la “fase due” del governo».
La tesi che ha sempre sostenuto l’investimento di Knight Vinke nell’Eni è nota: nella sua attuale configurazione il Cane a sei zampe è un gruppo anfibio, «zavorrato» dal fatto di essere percepito come un utility con un consistente business nella produzione di idrocarburi piuttosto che l’opposto. E ciò costerebbe una sottovalutazione del prezzo per azione stimabile tra il 35 e il 70%. La cessione di Snam, quindi, non dovrebbe essere considerata solo una questione «ragionieristica» ma strategica. Knight rimprovera al ceo Paolo Scaroni e alla sua ricerca del prezzo migliore per uscire da Snam una visione «più simile a quella di un gestore di partecipazioni». Con un taglio netto alla maggioranza di Snam, il Cane a sei zampe non solo potrebbe incassare all’incirca 6 miliardi di euro, ma potrebbe anche deconsolidare 11,5 miliardi di euro di indebitamento sui 25,5 miliardi di debito netto atteso per fine 2011, aprendosi a nuovi investimenti.
Dopo il Consiglio dei ministri previsto per stamane si potrà sapere se le modalità previste dalla bozza di decreto circolata negli ultimi due giorni saranno confermate: ovvero sei mesi di tempo dalla sua entrata in vigore per emanare un altro decreto che fisserà il nuovo assetto di Snam, e che comunque concederà all’Eni due anni per scendere al 20%. Una procedura che suscita più di una preoccupazione nel fondo attivista. Per Knight Vinke, insomma, bisognerà essere più veloci «perché questa volta il mercato non potrà essere ingannato e trarrà le sue conseguenze in caso di ritardo o inadempimento».
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