I DIVI DI HOLLYWOOD NUOVI CAPI CARISMATICI

by Editore | 5 Gennaio 2012 7:50

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Ecco un paradosso: ormai siamo arrivati al punto di non riconoscere più un’autentica leadership ai nostri governanti nominali a Washington, ma a personaggi non eletti (e in buona parte non eleggibili) che tutto sommato ci piace schernire e definire narcisisti autocompiacenti. 
Ancor più stupefacente è il fatto che di questi tempi per una leadership morale ci si possa ormai rivolgere – tenetevi forte! – ai “bellissimi” di Hollywood. Lo so, lo so: in linea di massima dai vip ci si aspetta vite sessuali scandalose e comportamenti stravaganti, e alcuni di loro effettivamente vi si dedicano. Sempre più di frequente, tuttavia, si registra un altro fenomeno: i nostri “leader” sviliscono il dibattito politico, mentre i sex symbol lo nobilitano. 
Prendiamo in considerazione Angelina Jolie, per esempio, che sta per debuttare come regista e sceneggiatrice di un nuovo straziante film intitolato In the Land of Blood and Honey (Nel paese del sangue e del miele): sullo sfondo di un genocidio, il film racconta una storia d’amore bosniaca e mette in piena luce la capacità  degli esseri umani di amare e uccidere. 
Il nuovo film di Angelina Jolie non vuole arruffianarsi nessuno. Tanto per cominciare lei non vi compare: fanno parte del cast soltanto persone qualunque dei Balcani, che parlano nella loro lingua (la pellicola è sottotitolata). Quando ha scritto la sceneggiatura e ha proposto il film che aveva in mente tutti le hanno dato della pazza, così ha riferito. 
Il film narra la storia d’amore tra due bosniaci, un serbo e una musulmana: quando scoppia la guerra, lui diventa un alto ufficiale di un esercito dedito al genocidio, lei si trasforma nella sopravvissuta di uno dei campi di prigionia nel quale le donne sono sistematicamente stuprate. La coppia si ritrova, ma lei, oltre a essere sua amante, è prigioniera dell’uomo. Quell’ufficiale dell’esercito mi ha richiamato alla memoria veri criminali di guerra che ho intervistato: quando non commette crimini contro l’umanità , è un tipo come si deve. Angelina Jolie vuole che chi vedrà  il suo film mediti sugli interventi umanitari e su ciò che è possibile fare per prevenire stermini e massacri: «Vorrei che dopo aver visto il film, gli spettatori si chiedessero: “Per quale motivo non siamo intervenuti per fermare tutto ciò?”». 
All’inizio, ammetto di essere stato piuttosto sprezzante nei confronti delle celebrità  che impegnavano il loro tempo dedicandosi a cause umanitarie. Quando Mia Farrow chiese di accompagnarmi in Darfur, rifiutai la sua proposta con fare altezzoso, dando per scontato che lei non avrebbe potuto starmi dietro. Quando poi lei è partita da sola per il Darfur , ho iniziato a imbattermi in lei in ogni caso. Una volta ha chiesto il mio parere sul suo progetto di acquistare un asino e partire da sola per il deserto, dove scorrazzavano milizie efferate. La sua idea consisteva nel viaggiare senza portarsi appresso nemmeno una tenda, ma soltanto una corda da sistemarsi tutto intorno e di dormire nella sabbia, sicura che serpenti e scorpioni si sarebbero tenuti alla larga dalla corda. Da allora Mia Farrow è diventata un’amica. Adesso, però, sono io a essere intimorito dall’idea di andare in giro con lei: potrei non essere capace di starle dietro. 
Così pure in Congo sta divampando una guerra, la più feroce dai tempi della Seconda guerra mondiale, ma sono pochissimi i mezzi di informazione che ne hanno parlato. Una delle persone che invece vi si è recata più volte è Ben Affleck, diventato esperto della situazione locale. Tornerà  in Congo anche questo mese. 
Si prendano anche in considerazione i casi di Sean Penn e Olivia Wilde, che hanno dimostrato di avere nei confronti di Haiti un interesse partecipe molto più sostenuto nel tempo della maggior parte degli organi di informazione. 
Tenete ben presente che, essendo un giornalista, vado molto fiero della mia professione. Tuttavia è evidente che le pressioni commerciali stanno spingendo vari organi di informazione – in particolare le emittenti televisive – a commettere errori e lasciar perdere. Invece di occuparci del Congo e parlarne, è molto più facile ed economico invitare in studio un democratico e un repubblicano e lasciare che inveiscano l’uno contro l’altro a loro piacere. 
Sinceramente, è davvero avvilente che gli organi di informazione parlino di George Clooney (mio compagno di viaggio in Darfur) con maggiore attenzione quando una sua relazione affettiva giunge al termine di quando si reca in Sudan e, sfruttando le fotografie scattate da satellite, documenta i massacri perpetrati dal governo sudanese. 
La mia speranza per il nuovo anno è pertanto la seguente: che i nostri “leader” a Washington pongano fine al loro altezzoso narcisismo e mostrino di avere un briciolo della serietà  e della fermezza morale delle celebrità . Sì, proprio loro. 

*Traduzione di Anna Bissanti. © 2012 New York Times News Service

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