HAITI. Un disastro che continua

Loading

Per l’Onu e la «comunità  internazionale» il quadro è positivo e ottimista. Ma gli haitiani non ne sono affatto convinti. E l’analisi dei gesuiti è cupa e cruda A due anni dal terremoto che ha devastato Haiti il 12 gennaio 2010, oltre a piangere la morte di tanti loro cari, giovedì diversi gruppi della società  haitiana, specie la gente rimasta senza casa, hanno manifestato il loro scontento e la loro rabbia per le condizioni di vita a cui sono costretti e per lo stato delle cose nel paese.
Il governo: promesse…
A inizio 2012 il governo haitiano del presidente Michel Martelly e del premier Gary Conille ha presentato un’agenda fitta di attività  per ricordare degnamente il secondo anniversario del sisma che costò la vita a più di 250 mila persone. Celebrazioni, cerimonie, inaugurazioni di monumenti, annunci di nuovi progetti…
Ha ribadito anche molte altre promesse per risolvere i principali problemi sociali ed economici, politici e ambientali del paese, quali le diseguaglianze, la mancanza di case, la disoccupazione, il conflitto fra il potere esecutivo e legislativo, la controversa presenza della missione Onu (la Minustah) avvertita dalla maggioranza degli haitiani più che come una forza di stabilizzazione come una forza di occupazione.
Insieme con la Ue, le autorità  haitiane hanno presentato il 10 gennaio un nuovo progetto di risistemamento degli sfollati. Progetto che consisteva nella ricostruzione di 11 mila case distrutte o danneggiate nel terremoto. Il 9 gennaio il governo haitiano aveva presentato in parlamento una serie di misure per rilanciare l’economia nel corso dell’anno, favorire la crescita, ridurre la disoccupazione e l’analfabetismo, accelerare la produzione nazionale, facilitare l’accesso alle tecnologie e all’istruzione, investire nelle campagne, proteggere l’ambiente, consolidare le istituzioni, promuovere il turismo…
L’Onu: bilancio positivo…
Dalla fine del 2011 diverse agenzie dell’Onu, organismi internazionali, ong e altre istituzioni della «comunità  internazionale» hanno presentato un bilancio fondamentalmente positivo e ottimista delle azioni intraprese e della situazione di Haiti.
Per l’Onu il 2011 è stato un anno di transizione: elezioni di un nuovo presidente e passaggio dalla fase dell’assistenza umanitaria a quella degli aiuti allo sviluppo.
Il Pnud (Programma Onu per lo sviluppo) ha affermato che le Nazioni unite e i suoi soci in Haiti hanno portato alla creazione di più di 300 mila posti di lavoro. Da parte sua la Unicef (Programma Onu per l’infanzia) parla di «piccole vittorie». Ad esempio afferma che il sistema educativo è riuscito a migliorare l’accesso all’istruzione di 700 mila bambini e ad ampliare i servizi di protezione rispetto ai «bambini perduti». Sulla situazione degli sfollati, il coordinatore umanitario dell’Onu a Haiti, Nigel Fisher, ha affermato che «la risposta umanitaria è stata un successo»: 100 mila alloggi temporanei costruiti e 21 mila case ricostruite o riparate; il numero degli sfollati da 1.5 milioni a poco più di mezzo milione.
Le ong: vacche magre…
Per molte ong internazionali il 2011 è stato invece un anno di vacche magre. Fondi tagliati, attività  umanitarie ridotte o abbandonate. Soprattutto il settore della sanità  ha sofferto il taglio di fondi, mentre l’epidemia di colera è costata più di 6900 morti.
La società  haitiana: rabbia…
Né le promesse del governo né il bilancio ottimista dell’Onu hanno potuto convincere la società  haitiana che le cose stanno andando bene (e meglio) a Haiti. La realtà  «parla da sola», «le migliaia di milioni di dollari promessi arrivano con il contagocce», afferma una nota dei gesuiti a Haiti, «la situazione umanitaria non è affatto buona e non si può definirla un successo», «la dignità  delle persone non è rispettata», «il processo di ricostruzione è fallito», la Cirh (Commissione ad interim per la ricostruzione di Haiti) diretta dall’ex-presidente Usa Bill Clinton, è stata «mal concepita e poco efficace» e costituisce, secondo l’Haiti Support Group, una struttura «destinata ad aiutare non Haiti e gli haitiani ma i donatori a cui consente di canalizzare i fondi e i contratti per i progetti delle multinazionali e delle ong», progetti che «emanano dalle istituzioni che dominano Haiti da sempre: Banca mondiale, Bid, Onu, Usaid e paesi donatori». Per questo il secondo anniversario del terremoto, giovedì, quest’anno ha assunto una caratteristica diversa: è passato dal lutto alla rabbia e alla protesta.
*del Sjr Lac (Servizio gesuita per i rifugiati in America latina e Caraibi)
** Alai Amlatina


Related Articles

Indesit, niente accordo con i sindacati e l’azienda avvia la mobilità per 1.400

Loading

Non va in porto la mediazione al ministero dello Sviluppo. Il gruppo vuole dimezzare gli impianti italiani e offre contratti di solidarietà a tutti i dipendenti

Spagna, il gelo delle Borse l’Italia nel mirino spread a 473, Mib -2,8%

Loading

Passera: rischio contagio. Fmi: meno di tre mesi per salvare l’euro

I binari della protesta

Loading

INDESIT Gli operai degli stabilimenti del casertano occupano la stazione di Villa Literno. La multinazionale ha solo smussato il piano industriale che prevedeva 1425 esuberi

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment