by Sergio Segio | 11 Gennaio 2012 18:32
L’uomo ha in testa la lista dei desideri del ministero della difesa: fino a 60 caccia Eurofighter per circa 3,9 miliardi di euro. Fregate francesi per oltre quattro miliardi e motovedette per 400 milioni di euro. È il costo della modernizzazione della flotta greca. Poi mancano le munizioni per i carri armati Leopard e dovrebbero anche essere sostituiti due elicotteri Apache statunitensi. E certo, sarebbe bello acquistare sommergibili tedeschi. Prezzo complessivo: due miliardi di euro.
Quello che l’uomo, che entra ed esce dal ministero della difesa, afferma in un bar di Atene sembra assurdo. Uno stato in bancarotta che sopravvive grazie ai miliardi di aiuti dell’Unione Europea acquista armi in massa? L’uomo al bar si vede spesso nelle foto, accanto al ministro o a generali dell’esercito, spesso è al telefono con loro. Sa insomma di cosa parla. Secondo lui questa spesa al momento non è giustificabile. Ma le cose possono cambiare molto rapidamente, aggiunge. “A marzo la Grecia dovrebbe ricevere la prossima tranche di aiuti finanziari, che probabilmente supererà gli 80 miliardi di euro. Se così fosse, ci sarebbe una possibilità reale di concludere nuovi contratti sugli armamenti”.
Una possibilità che ha dell’incredibile. Questa primavera sapremo se la Grecia resterà nella zona euro o se tornerà alla dracma. La stessa mattina in cui sono state diffuse queste notizie, i medici degli ospedali della capitale trattano solo i casi urgenti, gli autisti degli autobus sono in sciopero, nelle scuole mancano ancora i libri di testo e migliaia di dipendenti statali manifestano contro il proprio licenziamento. Il governo greco annuncia un nuovo piano di rigore che non risparmierà nessuno. A parte l’esercito e l’industria delle armi. Due settori sui quali le misure di austerity sembrano essere passate senza quasi lasciare traccia.
Il bilancio greco per gli armamenti nel 2010 ammontava a circa sette miliardi di euro, più del 3 per cento del pil. Una percentuale che, tra i paesi Nato, è stata superata solo dagli Stati Uniti. È vero che l’anno dopo il ministero della difesa ha ridotto l’acquisto di nuovi armamenti a 500 milioni di euro. Ma non ha fatto altro che sospendere la richiesta di forniture, che sarà più alta in futuro, spiega un esperto militare.
Tra gli alleati della Grecia all’interno della Ue sono pochi quelli che sostengono apertamente che i greci dovrebbero congelare subito i loro acquisti di armi. Uno di questi è Daniel Cohn-Bendit, portavoce dei Verdi al Parlamento europeo, secondo il quale dietro ai tentennamenti dell’Europa ci sarebbero grossi interessi economici.
Chi ricaverà di più da questa politica greca del riarmo è proprio la Germania. Stando al Rapporto sulle esportazioni di armamenti del 2010, in via di pubblicazione, la Grecia è il maggiore acquirente di forniture tedesche dopo il Portogallo – un altro paese sull’orlo del fallimento. Per i giornali spagnoli e greci, in occasione di un summit a fine ottobre, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy avrebbero invitato l’ex primo ministro greco George Papandreou a mantenere gli impegni presi sugli armamenti, e addirittura a prenderne nuovi.
Si può fare? Per Hilmar Linnenkamp, esperto del settore, no di certo. “Sarebbe totalmente irresponsabile, nel pieno della crisi finanziaria che sta attraversando il paese, parlare di Eurofighter (dal 1999, la Grecia ne ha ordinati 90)”. E non si tratta solo di aerei. Secondo l’ultimo rapporto sulle esportazioni di armamenti, nel 2010 la Grecia ha importato dalla Germania 223 carri armati e un sommergibile. Costo totale dell’operazione: 403 milioni di euro. Queste forniture hanno avuto un peso rilevante nell’esplosione del debito pubblico greco.
Dimitris Droutsas è uno dei pochi greci che si esprime sulla questione. Fino a giugno 2011 era ministro degli esteri. “Non abbiamo investito così tanto denaro negli armamenti per divertirci”, spiega. Era necessario garantire la sicurezza dei confini, minacciati da ondate di migranti provenienti dal Nordafrica e dall’Asia. In più gli scontri con i turchi si ripetevano quasi ogni giorno. “Quando ero ministro degli esteri, ogni pomeriggio ricevevo una nota dal ministero della difesa che elencava le violazioni del nostro spazio aereo da parte della Turchia”. Senza contare le crescenti attività della marina turca nel Mar Egeo, seguite con apprensione dalla Grecia, e il fatto che sono ormai 35 anni che Cipro convive con l'”occupazione turca”.
Droutsas e compagni non devono temere la resistenza della popolazione: il settore militare greco promette sicurezza e posti di lavoro. In un paese dove manca un’industria nazionale forte, questo non è un dato da trascurare. Le imprese tedesche del settore delle armi lo hanno capito da un pezzo e hanno stretto un legame strettissimo con le aziende greche.
Non c’è molta pressione per porre fine al riarmo. La conseguenza: nelle misure economiche supervisionate dagli esperti del Fondo monetario internazionale, della Bce e della Commissione europea, il bilancio della difesa viene a malapena considerato. Già nel 2010 le spese per le forniture militari dovevano essere ridotte allo 0,2 per cento del pil, vale a dire 457 milioni di euro. Possono sembrare tanti soldi, ma nello stesso documento si consigliava di tagliare la spesa sociale a 1,8 miliardi. Per il 2011 la Commissione europea quindi ha raccomandato “una riduzione del budget militare”. Ma nel concreto non è stato fatto niente.
Il parlamento greco ha saputo subito approfittare di questa libertà . Nel bilancio provvisorio per il 2012 pensa di ridurre di un altro 9 per cento la spesa sociale, che corrisponde a due miliardi di euro. I contributi alla Nato invece cresceranno del 50 per cento e raggiungeranno i 60 milioni, mentre le spese correnti previste dalla difesa aumenteranno di 200 milioni, per un totale di 1,3 miliardi: un incremento del 18,2 per cento.
E il governo tedesco? “Guarda con favore”, dice un portavoce, “al consolidamento del primo ministro greco Papademos. È essenziale che il governo greco opti per una sensata riduzione delle spese, anche nel settore delle forze armate”. Ma allo stesso tempo accenna al mancato pagamento delle forniture militari: “Il parlamento ha piena fiducia sul fatto che gli accordi verranno rispettati”.
Traduzione di Anna Franchin
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