Florida, la sfida di Gingrich nella roccaforte dei repubblicani

by Editore | 30 Gennaio 2012 7:30

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JACKSONVILLE – La Prima Chiesa Battista qui nel cuore di Jacksonville, Florida, un megacasermone di cemento armato che ospita per interi blocchi un centro polifunzionale, è lontana più di 300 miglia dalla bella spiaggia di Pompano Beach, che sarà  sempre Florida ma è un altro mondo rispetto al clima ruspante di quassù. Newt Gingrich non poteva scegliere un posto più evocativo per sferrare gli ultimi attacchi a Mitt Romney. Chi se ne frega se i sondaggi danno l’ex governatore in vantaggio di più di dieci lunghezze, 42 per cento contro 31. Newt sfasciatutto è venuto proprio nella città  dedicata ad Andrew “Bloody” Jackson, il presidente sanguinario che decimò gli indiani e regalò mezzo Sud agli States, per gridare che non si arrende e che anzi sarà  lui il repubblicano che dovrà  sfidare Barack Obama. Perché Mitt, il candidato dell’establishment, quello che nello stesso momento in cui Newt entra con Callista nella vecchia chiesa è circondato ora dalla folla che lo applaude nel più composto Civic Center, è «un bugiardo», «la sua credibilità  sta per collassare». Evoca il fantasma di un altro presidente, Newt: «Lincoln una volta disse che se un uomo non è convinto che due più due fa quattro, vuol dire che per lui i fatti non contano. E Romney è il primo candidato che calza la descrizione di Lincoln».
È guerra senza quartiere: ma è appena cominciata. Finora è andata uno a uno a uno. In Iowa Rick Santorum, in New Hampshire Romney, in South Carolina Romney. La Florida è il vero primo test, la madre di tutte le battaglie, dai tempi in cui qui si decisero le sorti dell’America e del mondo in quel drammatico testa a testa tra George W. Bush e Al Gore. Per ora è tutt’interna ai repubblicani. Ma se la Florida rilancia Gingrich vorrà  dire che è ripreso a soffiare il vento dei Tea Party, che due anni fa provocò ai democratici quella che lo stesso Obama definì «una batosta». Non è un caso che oltre a Herman Cain, quel simpaticone del re della pizza uscito dalla corsa per le troppe sexy accuse, accanto a Newt sia già  scesa in campo Sarah Palin.
Dice che il povero Gingrich lo stanno «crocifiggendo» i poteri forti: e lo dice da quel pulpito della Fox che è il potere più forte che c’è, in mano a SuperRupert Murdoch. Stessa pasta. E infatti i potentati repubblicani temono i cani sciolti alla Palin, alla Gingrich, l’uomo che tradì Bush senior, accusandolo di avere tradito lui la promessa di non alzare le tasse: e così fece vincere Bill Clinton. Nei sondaggi che circolano tra la base repubblicana, a livello nazionale, vince Newt. Però poi lui è il peggiore quando il gioco si fa duro e bisogna combattere contro Obama: spaventa il centro degli indecisi e che invece deciderà , come sempre, anche le prossime elezioni. Per questo il partito vuole il più moderato Romney. Gingrich invece cerca la benedizione del popolo degli arrabbiati.
Due chiese in un giorno, Idlewind e ora Jacksonville: e d’altronde è domenica. Però l’uomo che gli stacca gli assegni da cinque milioni di dollari a settimana si chiama Sheldon Adelson ed è un vecchio imprenditore che cominciò con le scommesse e ha finito per creare un impero a Las Vegas. Ma anche qui: chi se ne frega. Gingrich fu addirittura multato, quando era speaker della Camera, per le sue infrazioni etiche: lo ricordano gli spot che Mitt Romney sta facendo andare a palla. Eppure oggi si ripresenta come il paladino della moralità  e sostiene, lui in pista da trent’anni, di rappresentare il nuovo. A migliaia, qui nella chiesa-caserma tra cori gospel e predicatori scatenati, si accalcano per acclamarlo. Santorum e Ron Paul stanno già  giocando un’altra partita, c’è da trottare per altri 47 stati. Sì, domani i sondaggi dicono Romney: ma mai dire mai, è pur sempre la Florida.

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