Fitch affonda l’Ungheria il premier sfida l’Europa
BUDAPEST – Non basta neanche la scure di Fitch a piegare l’autocrate del Danubio. Mentre l’agenzia di rating declassava il rating ungherese, da BB+ a BBB- con outlook negativo, cioè a livello spazzatura, il governo di destra nazionale magiaro dopo i segnali di concessioni lanciati giovedì a Fondo monetario internazionale e Commissione europea ha fatto marcia indietro. Siamo pronti a parlare, ma la legge bancaria (quella criticata da Draghi, Barroso e Lagarde perché evira l’autonomia della Banca centrale) non verrà cambiata. Lo ha detto il premier in persona dopo una riunione d’emergenza con i vertici politici ed economici, riunione che in segno di dissenso il governatore della Banca, Andras Simor, ha lasciato un’ora prima. Nelle stesse ore il “Lech Walesa magiaro”, cioè il giovane lavoratore Arok Kornel, attivista della nuova organizzazione-ponte dell’opposizione democratica chiamata Szolidarità s sull’esempio della Solidarnosc polacca, è stato licenziato in tronco.
La situazione economica, del debito sovrano e politico-sociale si fa sempre più difficile, mercati e istituzioni internazionali possono perdere la pazienza. Sconcerta l’inaffidabilità del governo: giovedì erano venute promesse a Fmi, Bce e Ue di modifiche sostanziali alla legge bancaria, e impegno verbale con Washington a discutere delle garanzie democratiche dopo i moniti di Hillary Clinton. Ora, retromarcia spavalda e sfacciata. «Esiste un disaccordo tra noi e la Commissione europea, lo regoleremo secondo usi e costumi Ue, la nostra legge garantisce pienamente l’autonomia della Banca centrale», ha detto Orbà n.
Ulteriore segnale del clima pesante che grava sulla povera splendida Ungheria: sono stati invitati solo i giornalisti dei media ungheresi ufficiali o filogovernativi, ma né media critici né inviati esteri. Chi scrive ha tentato invano per ore di sapere dove e a che ora Orbà n avrebbe tenuto la sua conferenza stampa. Con gentilezza ipocrita, i portavoce governativi promettevano: «La richiameremo se e appena sapremo qualcosa». Clima da èra Breznev: porte chiuse agli “stranieri ostili”. Scelta chiara: non vogliono domande scomode, né sul deficit grave di democrazia e sull’incompatibilità della sua legge sulla Banca centrale con l’articolo 130 del Trattato europeo di Lisbona, né sul nuovo downgrading. «La situazione non è gestibile a lungo termine», afferma sconsolato Zoltan Toerok della Raiffeisenbank. Dietro le quinte, c’è aria di scontro per il potere ai vertici della Fidesz, il partito di Orbà n. I due grandi argentieri Lajos Simicska e Zsolt Nyerges, uomini di contatto con l’oligarchia economica, sono divisi se restare con il premier o prendere le distanze. E quattro cavalli di razza (Istvan Stumpf, Zoltà n Pokorny, Mihaly Varga e Jà nos Là zà r) sembrano sognare la successione. Varga appare il Medvedev locale, possibile numero uno formale con un Orbà n-Putin burattinaio dietro le quinte, gli altri sono rivali e basta. Tra rischio default, tensioni sociali e lotte al vertice, il vento seminato da Orbà n annuncia raccolta di tempesta. E sacrifici brutali non per loro al vertice, bensì per lo sfortunato popolo magiaro.
(ha collaborato Agi Berta)
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