by Sergio Segio | 6 Gennaio 2012 9:27
TORINO – Operazione compiuta. Trentatré mesi dopo l’annuncio dell’alleanza con Chrysler e 30 dopo l’ingresso nell’azionariato con il 20% (giugno 2009), Sergio Marchionne completa la salita nella casa di Detroit raggiungendo quota 58,5. Il massimo che ci si poteva attendere prima di concludere la trattativa con il fondo pensioni (Veba) del sindacato americano che detiene ancora il 41,5 per cento dei titoli. Quando quel pacchetto verrà comprato non è dato sapere, ma più volte l’ad del Lingotto ha fatto capire che potrebbe essere contestuale alla fusione tra Torino e Detroit e alla quotazione in borsa della nuova società (ieri il titolo è salito del 3,57% in Borsa). In proposito continuano i rumors sulla sede legale del nuovo gruppo. Sarebbe confermata l’idea di trovare una sede neutra tra le due sponde dell’Atlantico per evitare campanilismi. Oltre all’ipotesi, già circolata, di Amsterdam, si fa strada in questi ultimi tempi l’ipotesi di una quotazione a Londra. In ogni caso sono scelte non immediate. Per il momento Marchionne si gode le due buone notizie degli ultimi giorni: oltre alla salita in Chrysler, anche l’exploit del marchio di Detroit nel mercato Usa: il più 37% a dicembre fa ben sperare per un 2012 in cui le piazze europee continueranno a soffrire. La cenerentola che si trasforma, eterna favola di Disney applicata all’auto, è la risposta dell’ad del Lingotto ai molti scettici che in Usa avevano accolto storcendo il naso l’offerta italiana di salvare Chrysler. La salita al 58,5% nasce dal rispetto della clausola ecologica contenuta nel contratto con Obama del 2009. L’ultimo pacchetto del 5% di azioni è stato ottenuto per aver realizzato un modello ecologico in grado di percorrere 16 chilometri con un litro di benzina (40 miglia con un gallone). Il modello è la Dodge Dart, il primo nato da una piattaforma del gruppo Fiat, quella dell’Alfa Giulietta. «È un passo decisivo sulla strada dell’integrazione», ha detto ieri Marchionne. La Dodge Dart verrà presentata lunedì in prima mondiale al Salone di Detroit. È quell’auto ecologica che la presidenza Usa aveva voluto come risposta alla drammatica crisi del mercato delle quattro ruote, quella contaminazione con l’esperienza nelle utilitarie dei costruttori europei che avrebbe consentito di cominciare a cambiare le abitudini degli americani. Una scommessa che sembra portare certamente vantaggi alla città di Detroit: «Avremo un rapporto sempre più stretto con questo territorio» sottolinea Marchionne, annunciando 1.200 nuovi posti di lavoro alla linea del Grand Cherokee per la versione diesel e 150 ulteriori posti di lavoro in un altro stabilimento della città . Marchionne si gode i risultati Usa per rinfrancarsi dalle difficoltà incontrate su altri due tavoli. Quello dell’Asia, dove il Lingotto è indietro rispetto ai concorrenti. Il rinsaldarsi dell’alleanza industriale con Suzuki (che ha rotto con Volkwagen) da solo non basta: manca ancora un annuncio per il mercato russo. L’altro tavolo difficile è quello dell’Italia e del rapporto con la Fiom. L’aver voluto stravincere chiedendo non solo che la Cgil accetti gli accordi approvati dalla maggioranza ma addirittura imponendo che abbandoni gli stabilimenti, si sta rivelando un boomerang. All’appello “Io voglio la Fiom in Fiat” giungono adesioni da tutto il mondo. Il sito di Landini afferma che la raccolta è arrivata a 5.600 adesioni. Tra queste anche un gruppo di 600 cittadini Usa.
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