by Editore | 5 Gennaio 2012 10:03
Adesso piantiamola con i luoghi comuni. Con i titoli di film e fiction. Non è un romanzo criminale, non è la nuova banda della Magliana. In questa buia notte romana i titolisti dovranno inventarsi qualcosa di diverso e tutti noi qualcosa di meno rassicurante. Perché la morte di una bambina di otto mesi in braccio al suo papà , anche lui assassinato, forse con lo stesso colpo di pistola, è qualcosa che ci interpella tutti, che sposta su un piano diverso il chiacchiericcio politico che ha accompagnato questo lungo periodo di sangue e di fuoco a Roma, con dodici agguati e trentasei morti nell’ultimo anno. È successo a Tor Pignattara, all’ora di cena. Una famigliola cinese gestisce un bar e un money transfer, chiudono le casse, escono per tornare a casa. Qualcuno li ha visti, qualcuno li segue. Pare due balordi, italiani. Saltano a bastonate addosso al padre, la madre reagisce, partono colpi di pistola. La fine di due vite sta tutta qui, in una manciata di secondi, assieme alla fine del sogno italiano, all’idea di un futuro migliore in una patria diversa. Con buona pace degli xenofobi, stavolta le vittime sono «loro» e i boia siamo «noi», se queste due sciocche categorie possono avere ancora un senso in una città come Roma, che il suo senso l’ha perso da un pezzo, e che distribuisce ai suoi cittadini manciate di insicurezza e di ansia a ogni risveglio.
Quando lo scorso luglio spararono a Flavio Simmi, alle nove del mattino nel cuore del quartiere Prati, a due passi dal Vaticano e dal Palazzo di giustizia, e dunque a due passi dall’idea di vita tranquilla che ciascuno di noi si coccola nell’anima, si diffuse in modo palpabile quel senso di insicurezza che adesso ci accompagna. La piscosi cominciò allora. Non ci sono strade senza pericoli, non ci sono quartieri tranquilli. Di fronte all’escalation della violenza, un sindaco come Alemanno, che ha vinto le elezioni dalla trincea muscolare della sicurezza, ha chiesto aiuto al ministero degli Interni, ha fatto appello al buonsenso e al buon cuore, ha detto che la Capitale non può essere abbandonata, dimenticando che la cambiale della paura, da lui riscossa nel 2008, è di quelle che tornano indietro sempre in protesto, prima o poi. Ma sarebbe perfino ingiusto buttarla «in politica», stanotte. C’è una bambina morta. Poteva essere nostra figlia. Lo sciocchezzaio immancabile in queste occasioni ci può essere risparmiato. Se Roma è ancora nel suo fondo la città che amiamo, stanotte piange in silenzio.
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