Dirsi gay in versi, ultimo modo di stupire l’America

by Editore | 31 Gennaio 2012 9:09

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Inizia così «Middle-aged», uno dei versi di Left-handed, la nuova raccolta di poesie firmate da Jonathan Galassi, salutata dai media americani come una sorta di outing ufficiale da parte del presidente ed editore della Farrar, Straus and Giroux nonché traduttore di Giacomo Leopardi.
Il «New York Times», che ha letto in anteprima il libro che negli Stati Uniti uscirà  da Alfred A. Knopf a marzo, lo paragona a due recenti lavori basati su un tema gay: il film Beginners e l’acclamato bestseller di Chad Harbach The Art of FieldingLeft-handed essenzialmente «è la storia di un uomo sposato e di mezza età  che ammette a se stesso e agli altri di essere gay», scrive Charles McGrath. 
«Il libro parla di me», ammette Jonathan Galassi confessandosi al «Times», «non mi nascondo dietro un’immagine pubblica. Ho sempre usato la poesia per spiegare chi sono a me stesso». La prima parte del libro, A Clean Slate, è intrisa di un senso di tristezza, rimpianto e mortalità  imminente. «Voglio che arrivi la primavera», recita, «perché bramo il turbamento e la piena interiore / l’eccitazione del rito originario».
Una delle poesie più toccanti è «Ours», l’addio del protagonista alla moglie, alle figlie e alla vita trascorsa insieme. La seconda parte di Left-handed, intitolata «The Crossing», contiene ciò che il «New York Times» definisce «le disperate poesie d’amore dedicate al giovane Jude». Nella sezione finale, «I Can Sleep Later», quest’ultimo viene tuttavia rimpiazzato da un altro giovane: Tom, che Jonathan Galassi paragona ad Antinoo, verde amante dell’imperatore Adriano.
Nell’ambiente molto incestuoso dell’editoria americana la storia raccontata da Galassi era nota già  dall’estate del 2007, quando i blog letterari rivelarono che, dopo trentasei anni di felice matrimonio con Susan Grace Galassi, curatrice del Museo Frick, e due figlie (rispettivamente di trenta e ventisei anni), l’editore si era innamorato perdutamente dell’agente letterario Bill Clegg.
In un’America dove l’outing e l’omosessualità  non fanno più notizia da anni, il «caso Galassi» fece scalpore, ma solo per la natura antitetica dei suoi protagonisti. Da una parte Galassi, uno degli editori più anglosassoni, seri e all’antica d’America («Wasp» lo definisce il «New York Times», nonostante quel nome italiano), dall’altra Clegg, l’enfant terrible, autore di un memoir intitolato Portrait of an Addict as a Young Man sulla sua dipendenza da crack e alcool.
Nei salotti della Grande Mela circolò addirittura la voce che Clegg avesse fabbricato quel gossip per farsi pubblicità . Ma a confermare il tutto è adesso lo stesso Galassi. «Il mio divorzio da Susan Grace è stato estremamente doloroso», ammette, rivelando come, nel 2005, senza preavviso, si innamorò perdutamente di un uomo più giovane. Non era la prima volta. Sia al liceo sia al college si era invaghito di alcuni compagni di corso, anche se, spiega, «furono rapporti infelici e mai consumati».
Poi è venuta Susan Grace: «La nostra è stata una relazione molto felice — continua — pensavo che quello fosse il nostro destino». Ironicamente, il suo amore per il Jude del libro non è mai stato consumato. «Il mio affetto non era contraccambiato — spiega Galassi — anche se quell’esperienza mi ha insegnato che avevo bisogno di amare altri uomini».
Ma la sua ricerca non si è ancora conclusa. «Alla fine del libro il protagonista è un nomade solitario — conclude McGrath — disposto a qualsiasi cosa in cambio di un po’ di amore».

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