Diktat Polverini: o con Muller o si molla tutto

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Il presidente della Festival, infatti, che tutti a cominciare dalla stessa Polverini e dal sindaco di Roma Gianni Alemanno, davano dimissionario prima della fine del suo mandato, il prossimo giugno, aveva annunciato di non avere nessuna intenzione di andarsene, assumendo anzi lui stesso l’incarico di direttore artistico della manifestazione. Un modo per risolvere la questione della candidatura di Marco Muller, imposta con arroganza tutta politica e poco culturale dal centrodestra, prendendo tempo appunto fino all’estate. E il primo a fare un passo indietro era stato lo stesso sindaco della capitale, anche perché è stato lui a suo tempo a nominare Rondi. Ma Polverini non ci sta. E ieri rilancia minacciando di uscire dalla fondazione se la nomina di Muller non va in porto – ci sarebbero anche quei due milioni e ottocentomila euro di buco che la regione ha accumulato verso il festival rispetto ai quali Polverini da assicurazioni che verranno erogati. Compatta, e molto critica, la replica del centrosinistra che accusa Polverini di avere un’ «idea padronale» del festival e metodi da vecchia politica che uccidono la cultura. «L’ennesima puntata del romanzo d’appendice messo in atto dalla destra di Roma e del Lazio, capeggiata dalla governatrice Polverini, sul festival del Cinema di Roma è obbrobriosa» ha dichiarato Vincenzo Vita, vice presidente commissione cultura senato. «Grazie alla delicatezza istituzionale e alla bravura di Gian Luigi Rondi l’importante rassegna romana sembrava uscita dal pantano in cui era stata cacciata dal diktat di comune e regione con la complicità  imprevista e imprevedibile di Marco Mulle. Si torni alle regole e alla correttezza delle forme senza imposizioni». Da parte sua Alemanno rimanda la questione alla prossim a assemblea dei soci, che dovrebbe tenersi il 13 gennaio, per discutere la questione «serenamente e senza veti sulle persone». Nella polemica è intervenuta anche l’ex direttrice del festival Piera Detassis, la cui riconferma è stata sostenuta, e apertamente, dal presidente Rondi nei giorni passati, tanto appunto da spingerlo all’autocandidatura non essendo lui favorevole a Marco Muller – e non potendo però nonostante la sua carica riconfermare Detassis. «Mi pare che questo caso ponga un problema molto più vasto di Detassis o Muller – sottolinea la direttrice di Ciak intervistata da Tv 2000 – sembra che ormai quella che stiamo vivendo sia una campagna elettorale, una vicenda politica». «Penso che sia il cinema sia le istituzioni – ha aggiunto – e la politica stessa si debbano interrogare sul metodo, su quali siamo le relazioni che devono intercorrere tra politica e cultura quando si tratta di scegliere un direttore o l’altro». Infatti il problema è un altro: ci sono procedure e regole da seguire, possono essere persino una facciata, una pura ipocrisia, ma tant’è. Il piglio di Polverini e Alemanno rispetto a una cosa pubblica è francamente inquietante.


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