Debito Pubblico la Germania Chiede il Rientro da Subito
Una modifica che tocca da vicino soprattutto Italia, Belgio, Grecia. Nell’ultima riunione a Bruxelles, venerdì 6 gennaio, il capo della delegazione tedesca, Nikolaus Meyer-Landrut (il principale consigliere di Angela Merkel per gli affari europei) lo ha solo evocato, senza tuffarlo nell’olio bollente del confronto con gli altri partner, i rappresentanti di Commissione, Parlamento europeo e Banca Centrale europea. Ma è chiaro che «il dossier debito» sarà uno dei temi più complicati del colloquio tra la cancelliera tedesca e il premier italiano Mario Monti, domani a Berlino.
La correzione proposta dai tedeschi riguarda l’articolo 4 della bozza, dove si prescrive: gli Stati con un debito pubblico superiore al 60% del pil (prodotto interno lordo) si impegnano a ridurre l’extra stock di un ventesimo ogni anno. A questa regola base l’Italia ha chiesto e ottenuto di aggiungere le tre attenuanti già contemplate dalla legislazione europea (il «Six Pack») entrata in vigore il 13 dicembre scorso. Finora il documento, che tornerà in discussione in un altro incontro «tecnico» già fissato per il 12 gennaio sempre a Bruxelles, ne ha recepite due. La prima: il calcolo del debito dovrà tenere in considerazione l’eventuale effetto del «ciclo economico» (cioè di recessioni prolungate che naturalmente possono contribuire a far crescere l’indebitamento). Secondo: il meccanismo verrà attivato dopo tre anni di «monitoraggio» del bilancio pubblico. Ed è qui che si inserisce l’emendamento tedesco. Tre anni di sostanziale moratoria sono troppi. I Paesi, specie quelli più indebitati, devono cominciare immediatamente l’impegnativa operazione di rientro. Tradotto in cifre per l’Italia significherebbe una manovra di almeno 40-45 miliardi all’anno. Da subito.
Il governo Monti sta lavorando a Bruxelles, attraverso la Rappresentanza guidata dall’ambasciatore Fernando Nelli Feroci, per contenere l’impatto di questa specie di asteroide sui già precari equilibri della finanza pubblica. L’obiettivo è completare la terna degli ammortizzatori, recuperando anche la disposizione dei «Six Pack» che nella valutazione del debito chiama in causa l’effetto «di altri fattori rilevanti». Quali? Non vengono citati esplicitamente, ma la prassi comunitaria indica, per esempio, l’ammontare dell’esposizione privata e la sostenibilità del sistema pensionistico. Due voci con il segno «più» nel caso dell’Italia. Ora il problema è che senza il via libera della Germania (che si tira dietro tutto il blocco nordico del rigore, dall’Olanda alla Finlandia) la strategia di Monti rischia di trovarsi su un «sentiero interrotto».
Ma allora dove si può tracciare la linea del difficile compromesso con Berlino? Ieri il ministro per gli Affari europei, Enzo Moavero Milanesi (in missione a Londra) ha insistito sulla «necessità di sfruttare le potenzialità del mercato interno europeo». Un proposito su cui potrebbe convergere (oltre il Regno Unito) anche la Germania. C’è, però, un dato di fatto: la Cancelliera ha fretta di chiudere l’accordo di Bruxelles. Tanto che vuole collegare la partenza del Fondo monetario all’europea (Esm, «European stability mechanism») alla ratifica del Trattato sui nuovi vincoli di bilancio. L’Italia potrebbe assecondare l’accelerazione tedesca, provando a ottenere qualche flessibilità in più su criteri e tempi di abbattimento del debito. In questo caso, però l’emendamento della Germania all’articolo 4 andrebbe, altrettanto rapidamente, ritirato.
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