Da Camus a Andy Warhol l’odio-amore per una città
Nessuna città al mondo come New York divide il giudizio tra l’entusiasmo ed il disprezzo, la seduzione e la paura, l’amore incondizionato e l’odio irreversibile. E nessuna città al mondo dà a chi la vive, la frequenta, o anche ci passa solo un giorno, l’impressione di essere di tutti, perché in realtà non è di nessuno. Ma è la sensazione di centralità che rivela in ogni dettaglio a renderla imprescindibile anche per i più fieri detrattori, oltre all’unicità di una storia il cui melting pot è qualcosa di compiuto, pieno di vitalità e perennemente mutevole. Perché chiunque ne conosca l’intimità , e superi lo snobismo romantico per cui sarebbe una realtà estranea o addirittura opposta al resto del paese, sa invece che New York è la realizzazione della promessa stessa dell’America. Da almeno quattro secoli la città è oggetto di riflessioni di politici, scrittori e artisti di ogni tipo, che ne hanno analizzato e raccontato una realtà che riesce ad essere rivoluzionaria e conservatrice, profondamente laica e sinceramente religiosa. In New York Diaries il premio Pulitzer Teresa Carpenter ha raccolto oggi i diari newyorkesi di personaggi diversissimi come Kurt Weil e Noel Coward, Alexis de Tocqueville ed Edgar Allan Poe, che l’hanno vissuta come capitale del mondo e centro di perdizione, luogo di condivisione e solitudine, di esaltante energia e inquietante decadenza. Queste sono alcune pagine dei diari, che iniziano dal 1609:
ALBERT CAMUS
22 Aprile 1942
Stanco. La mia influenza è tornata. È sulle gambe tremolanti che provo il mio primo impatto di New York. A prima vista, una città orribile e inumana…Pochi dettagli colpiscono la mia attenzione: che gli uomini della nettezza urbana indossano guanti, che il traffico si muove ordinatamente senza poliziotti agli incroci, che in questo paese nessuno ha mai degli spicci, e che tutti sembrano usciti da un film di serie B… Io sto appena uscendo da cinque anni di notte, e questa orgia di luci violente mi dà per la prima volta l’impressione di un continente. Un poster enorme, di almeno 15 metri delle Camel: un militare con la bocca spalancata dalla quale fuoriescono enormi nuvole di vero fumo. Tutto è giallo e rosso. Vado a letto ammalato nel corpo e nell’anima, sapendo tuttavia perfettamente che nello spazio di due giorni cambierò idea.
MARK TWAIN
2 Febbraio 1867
La mia esperienza è che a New York un uomo non possa andare da nessuna parte in un’ora. Le distanze sono troppo grandi – c’è sempre bisogno di un giorno in più – Se hai sei cose da fare, hai bisogno di sei giorni.
NORMAN MAILER
2 Febbraio 1955
Il Lipton (marijuana) che uso qui a New York genera molto materiale eccitante con una dose molto piccola. Mi consente di lavorare ad un ritmo tremendo, il che per un romanziere è valido da un punto di vista mistico e filosofico, ma nello stesso tempo quasi impossibile da accettare, almeno nelle mie attuali condizioni. Non potrei scrivere interi romanzi sotto i suoi effetti, ma potrei utilizzarlo quando ho il blocco dello scrittore. Il Seconal invece genera uno stato di profonda depressione. Ma ora so come gestirlo.
SIMONE DE BEAUVOIR
3 Marzo 1947
Come in tutte le grandi città , la gente a New York usa molta droga. Cocaina, oppio ed eroina hanno una clientela specializzata, ma c’è anche uno stimolante leggero che è usato comunemente, anche se è illegale: la marijuana. Quasi ovunque, specialmente ad Harlem – molti neri sono costretti dalle condizioni economiche a spacciare droga – le sigarette di marijuana sono vendute al bancone. I musicisti di jazz, che hanno bisogno di mantenere di notte un alto livello di intensità la usano continuamente (…) Sono meno interessata a provare la marijuana che trovarmi in uno di quei ritrovi dove si fuma. Qui appena esprimo un desiderio viene esaudito. La volontà americana di obbligare è inesauribile.
JOYCE CAROL OATES
16 Settembre 1985
Sono andata alla prima di Morte di un Commesso Viaggiatore allo splendido Lincoln Center. Il film era bellissimo e Dustin Hoffman magnifico. Ho parlato con lui del film e di boxe. C’era anche Angelo Dundee e Hoffman vorrebbe fare un film scritto da me sulla sua vita, ma dubito che lo farò. A New York la vita si muove così rapidamente che a malapena riesco a registrarne i confini.
WALT WHITMAN
15 Aprile 1865 (giorno dell’omicidio di Lincoln)
Tutta Broadway è nera e a lutto – sulle facciate delle case sono esposti fregi neri e producono un effetto cupo. Verso mezzogiorno anche il cielo è diventato scuro ed è cominciato a piovere. Una goccia, un’altra, un’umidità pesante ed un clima tenebroso – i negozi sono tutti chiusi – la pioggia ha allontanato le donne e sono rimasti solo gli uomini vestiti di scuro mentre nuvole nere si muovono sulle nostre teste – l’orrore, la febbre, l’incertezza, l’allarme tra la gente – Ogni ora porta una grande notizia: alle 11 il nuovo presidente ha giurato, alle 4 l’assassino è stato arrestato.
ANDY WARHOL
31 Dicembre 1978, Capodanno.
Andammo tutti allo Studio 54. Lo avevano decorato magnificamente, con lustrini d’argento sul pavimento, e c’era un tipo su un trapezio, e palloncini bianchi. Dicevano che Bobby De Niro era lì dalle 22. L’intera notte è passata perdendo e cercando, trovando e cercando ancora. John Fairchild Jr. ha una cotta per Bianca (Jagger), così noi abbiamo cercato lei, l’abbiamo persa, poi abbiamo perso lui e trovata lei. Poi mi sono perso io, e hanno cominciato a cercare me, e si è perso di nuovo lui… Io ero sobrio, avevo bevuto molte Perrier. Il luogo era ancora in pieno fervore alle sette del mattino. Sono andato fuori, faceva caldo e la gente era in fila per entrare, come se fosse solo l’una di notte. Soltanto la luce era differente.
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Anche se mo’ nun viene ‘o Natale, m’accatto ‘o iurnale e me vado a cucca’. Perché, anche senza la passeggiata, la malinconia si è invitata da sé. Lascia un po’ stare i libri di Jean Améry, per favore.