Crepe nel Carroccio I dubbi di 15 deputati sul carcere per il collega

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MILANO — Il pressing di Silvio Berlusconi è stato serrato. Tutto lo stato maggiore del Carroccio ha ricevuto, prima o dopo, la chiamata dell’ex capo del governo. Determinatissimo a salvare il coordinatore del Pdl campano, Nicola Cosentino, da quella che al telefono con i capi leghisti ha definito una «colossale montatura» costruita dai giudici. Secondo l’agenzia Agi, l’ex premier avrebbe anche incontrato il leader leghista nella residenza milanese di via Rovani. Mentre i più maligni tra i padani si spingono addirittura ad immaginare una trattativa in qualche modo di «scambio» tra il voto su Cosentino e la riforma della legge elettorale: giusto oggi la Consulta sancirà  l’ammissibilità  o meno dei quesiti referendari. Nel Carroccio, la grande paura è che un Berlusconi irritato decida di accordarsi con il Pd per modificare la legge in modo da «tagliare le estreme».
In ogni caso, almeno nel voto di ieri, il Carroccio ha rispettato la decisione della segreteria federale di lunedì scorso: via libera all’arresto. Ma attenzione. Lo stato ribollente della Lega, straziata dalle lacerazioni interne, potrebbe portare a risultati ben diversi già  domani, quando il voto su Nicola Cosentino approderà  definitivamente all’aula di Montecitorio. Quel che già  nei giorni scorsi si diceva, e cioè che una parte dei deputati potrebbe comunque votare per la salvezza dell’ex sottosegretario, non è più un’ipotesi: è una certezza. Luca Paolini, con Fulvio Follegot uno dei due leghisti nella giunta per le autorizzazioni, ieri non lo ha affatto escluso: «In Aula il voto è individuale e segreto quindi in coscienza ciascuno farà  quello che ritiene opportuno».
Mentre la veneta Paola Goisis annuncia che deciderà  «dopo aver sentito i nostri rappresentanti nella giunta per le autorizzazioni. Ma in generale io sono contraria a fare arrestare le persone prima di averle processate». Fino a Giacomo Chiappori, sindaco di Diano Marina, che lo dice chiaro: «Io sono un legislatore non un giudice, qui invece si vuole trasformare l’aula di Montecitorio in un tribunale». E dunque: «Ho già  votato contro l’arresto di Papa e così farò per Cosentino».
Il deputato ligure, sentito da Panorama.it, aggiunge un particolare illuminante rispetto ai rivolgimenti in corso nel Carroccio. E soprattutto, rispetto al fatto che — alla fine — la vicenda Cosentino è per la Lega soltanto l’ennesima scaramuccia nell’ormai devastante guerra interna. Dice Chiappori: «Il deputato Maroni ha detto che la Lega voterà  sì all’arresto? A me, gli ordini li dà  solo Bossi. Deve essere garantita la libertà  di coscienza». A voler ben guardare, la decisione di votare a favore dell’arresto di Cosentino non è affatto del «deputato» Maroni, ma dell’intera segreteria politica del Carroccio. Eppure, il fatto che due deputati considerati assai vicini a Umberto Bossi annuncino, più o meno apertamente, che disattenderanno le indicazioni della segreteria racconta molto della confusione che regna nel Carroccio. Fermo restando che, come brontola un deputato lombardo, «un nostro ennesimo ondeggiamento, che per giunta potesse dare ai militanti la sensazione di aver salvato un parlamentare accusato di reati gravissimi, non so quali conseguenze potrebbe avere sulla nostra credibilità ». Fatti i conti, in ogni caso, i padani «garantisti» non dovrebbero essere più di una quindicina.
Il fatto è che il Carroccio è una polveriera. Gli investimenti del partito in Tanzania, Cipro e Norvegia continuano a tenere il movimento in ebollizione. Le pagine Facebook legate in un modo o nell’altro alla Lega sono tutte un inneggiare alla «Tanzania libera» e via ironizzando amaro. Tanto che ieri il segretario amministrativo Francesco Belsito ha chiamato alcuni segretari provinciali del movimento dicendosi pronto a spiegare loro le operazioni finanziarie in corso, la loro assoluta correttezza, e informandosi sullo stato di salute finanziaria delle sezioni.


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