Così i locali evadono il Fisco: Scontrini e merce truccata Milano, un terzo fuori regola

by Editore | 30 Gennaio 2012 6:42

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MILANO — «Non chiamatelo blitz, mica siamo mafiosi». Questione di parole. I commercianti milanesi difendono la categoria, la tradizione e la forma. La sostanza non è facile da commentare perché «ogni caso è diverso», perché «i furbi, si sa, sono dappertutto». Nel deserto della domenica milanese, con pochi negozi aperti anche in centro, i numeri dicono che un negoziante su tre è finito dritto nella rete. Niente scontrino, sanzione da 159 euro.
La grande offensiva milanese contro l’evasione fiscale — 580 uomini tra Agenzia delle entrate, Inps, ispettorato del lavoro, vigili e fiamme gialle, 24 ore tra ristoranti, discoteche, bar e negozi — è finita. Il bilancio, ancora assolutamente parziale, parla di 230 controlli della sola Guardia di finanza e di 75 verbali per «mancata emissione di scontrino o ricevuta fiscale». Il resto arriverà  oggi dopo le verifiche incrociate del Fisco.
Non chiamiamolo blitz, come ripete il presidente nazionale di Fipe-Confcommercio Lino Stoppani, titolare tra l’altro di Peck il più noto marchio della gastronomia milanese, ma l’elenco delle violazioni scoperte dagli «007 antitasse» è un piccolo bollettino di guerra: irregolarità  nelle fatture, scontrini non emessi, registratori di cassa alterati, lavoratori in nero, vendita di merce contraffatta.
Certo, leggendo i dati è chiaro che due terzi dei commercianti si sono comportati in maniera inappuntabile, che l’evasione è un fenomeno tutto sommato circoscritto. Però, se la stessa percentuale di evasione riscontrata ieri dalla Finanza (un negoziante su tre) si moltiplica per le oltre 22 mila attività  commerciali milanesi e per gli oltre 6 mila bar e ristoranti, le dimensioni cambiano parecchio. Chissà .
Di sicuro c’è che la grande offensiva in stile Cortina in fondo è servita anche a «unificare» il Paese dell’evasione. E forse a togliere ai milanesi quello snobismo che vuole al Sud l’esclusiva del malcostume. Ieri mattina alla panetteria Pattini di corso Buenos Aires nel dubbio i finanzieri sono passati due volte in meno di un’ora. «Nessuna irregolarità », dice il verbale di constatazione rilasciato dai finanzieri in borghese dopo ogni controllo. Alberto Romano, il titolare, lo espone come una medaglia: «Hanno fermato tre clienti appena usciti dal negozio, avevano lo scontrino. Hanno verificato che la merce corrispondesse, che l’orario dell’acquisto fosse corretto». Sopra al bancone c’è un cartello scritto a mano: conservare lo scontrino dopo l’uscita dal locale. Poco più in là , sempre in corso Buenos Aires, altra verifica «nulla» al bar «Sali e Tabacchi»: «La paura? I clienti che bevono il caffè e lasciano il biglietto sul banco, basta niente per una multa». E dopo tre verbali per mancata emissione dello scontrino scatta la chiusura temporanea: «Bene i controlli, ma il problema di questa strada sono i venditori abusivi. Speriamo ci sia lo stesso rigore». Ad un senegalese vengono sequestrati un centinaio di borse e portafogli contraffatti. Nessuno, se non i diretti interessati, si accorge dei controlli nelle vie dello shopping. Come del resto era avvenuto sabato notte in ristoranti e discoteche. All’Hollywood di corso Como, tempio di veline e calciatori, la visita degli ispettori dell’Agenzia delle entrate è stata «discreta», mai fermata l’attività  del locale. Così come al vicino Toqueville e all’Eleven. 
In via Paolo Sarpi i finanzieri si presentano, invece, in divisa. È il cuore del quartiere cinese, quasi una licenza commerciale su due ha titolare di provenienza asiatica. Gli «007» verificano i libri contabili, sequestrano «patacche» delle griffe della moda, denunciano due immigrati che già  dovevano essere espulsi. «Blitz come quello di Cortina, Roma ed ora di Milano non solo sono sacrosanti, ma chiediamo siano ripetuti ad ogni fine settimana», chiede Marco Donzelli del Codacons.
Oggi arriverà  il responso dell’Agenzia delle entrate sulle temute verifiche incrociate. Dichiarazione dei redditi da un lato, auto di lusso, barche e immobili dall’altro. La prova del nove anti-evasori. Sabato notte i vigili hanno fermato e controllato macchinoni e fuoriserie. Molte sono risultate intestate a società . Ora c’è da capire se si tratta di attività  «regolari» o di aziende fantasma usate solo per evadere il Fisco. Negozianti, locali, paperoni col Suv. «Potrebbero esserci altri accertamenti. L’attività  non è chiusa», ripetono i finanzieri. L’esame non è finito. E Milano, stavolta, rischia davvero la bocciatura.

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