Cosentino, sì all’arresto per un voto

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Cosentino ha perso la sua battaglia in giunta per le autorizzazioni a procedere, com’era ampiamente previsto. Non è detto che perderà  la guerra quando giovedì l’aula della camera sarà  chiamata a confermare l’indicazione di ieri, favorevole alla concessione degli arresti per il deputato accusato di essere il referente nazionale del clan dei casalesi. All’ombra del voto segreto l’ex potente sottosegretario può ancora sperare in qualche inconfessabile alleato.
Ieri i due rappresentanti della Lega hanno tenuto fede alle indicazioni del partito. Meglio, alla linea che Maroni ha imposto a Bossi nella riunione in via Bellerio lunedì. Il leghista Follegot e – con molte più difficoltà  – il collega Paolini hanno votato in senso favorevole alla richiesta dei magistrati napoletani. Così il sì all’arresto è passato per dieci voti a undici, il radicale Turco come annunciato si è smarcato dal gruppo Pd e ha votato con il Pdl, ma la sua scelta è stata ininfluente. Paolini, sostenitore dell’esistenza del fumus persecutionis e dunque favorevole a salvare Cosentino, ma incapace di sottrarsi alle pressioni del gruppo dei maroniani, è stato oggetto di un pressing finale da parte dei fedeli del cavaliere. Inutilmente. Per provarci, il deputato del Pdl Sisto e il berlusconiano del Misto Pepe hanno strappato alla giunta due ore di sospensione con la scusa che Cosentino ha presentato nuovi documenti in extremis. Due ore di telefonate per Paolini che alla fine non se l’è sentita, pur condividendo le osservazione degli ex colleghi di maggioranza. Però ha lasciato uno spiraglio, spiegando che in aula con il voto segreto le coscienze torneranno libere. «Il quadro accusatorio – ha detto – è davvero fragile». E dunque Cosentino potrà  ancora salvarsi, anche se è irragionevole pensare che tutti i leghisti possano smentire le indicazioni di Maroni. L’ex sottosegretario per scansare il carcere avrà  bisogno dell’aiuto di un bel po’ di deputati dell’Udc e di qualche finiano. C’è da dire a suo conforto che nei due casi precedenti in cui l’aula della camera ha votato sulle sue autorizzazioni a procedere, Cosentino ha messo insieme una sessantina di franchi tiratori provenienti dall’ex centrosinistra.
Scontata che fosse, la decisione della giunta di ieri ha mandato su tutte le furie Berlusconi che naturalmente teme la rottura del patto di fedeltà  con il coordinatore campano del Pdl. Ma, preoccupatissimi di non pregiudicare per sempre i rapporti con la Lega, i capibastone del cavaliere hanno deciso di prendersela con il governo. Cicchitto è passato direttamente dal rammarico alle minacce. «La giunta ha commesso un errore gravissimo che ci auguriamo che venga corretto in aula», ha detto. Aggiungendo che «se qualcuno pensa che operazioni di questo tipo non peggiorino il quadro e i rapporti politici si sbaglia nel profondo». «Giusto, non possiamo essere spettatori di un quadro che cambia», ha detto il tesoriere del gruppo Pdl alla camera Bernardo, mentre il senatore Gasparri si è limitato ad auspicare che giovedì non prevalgano le ragioni politiche ma quelle del merito. Proprio invocando la lettura delle carte, il radicale Turco ha sostenuto che «non c’è consistenza penale per chiedere oggi l’arresto di Cosentino». Dunque ha attaccato Maroni, ex ministro dell’interno che «per tre anni e mezzo non sapeva di stare al governo insieme al referente nazionale dei Casalesi» e anche il Pd, testimoniando che la decisione di accogliere la richiesta di arresto fu decisa dal gruppo solo perché «non si sapeva come spiegare all’esterno la scelta opposta».
Il Pd invece accoglie con soddisfazione la prima vittoria e incassa la nomina della sua Samperi come nuova relatrice per l’aula. Primo atto: la richiesta che il voto decisivo sia palese. Ma non sarà  così, anche se l’ex relatore del Pdl Paniz ieri ha assicurato che non sarà  il Pdl a chiedere il voto segreto. Nessun giallo, basta che lo chieda un gruppo qualsiasi e questo è il lavoro che affidano agli ex responsabili. Cosentino e Verdini hanno due giorni per tentare l’ultima seduzione sui deputati, lavoreranno per convincere qualcuno a restare a casa. Berlusconi assiste preoccupato, ma non potrà  mancare giovedì.


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