Cortei No Tav, ventisei arresti nei centri sociali

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TORINO – È l’alba quando la prima auto della Digos rientra in questura. Sui sedili posteriori, stretto tra due agenti, c’è Giorgio Rossetto, 50 anni, leader storico di Askatasuna, il centro sociale più caldo di Torino. Mostra i polsi serrati dalle manette e sorride strafottente ai fotografi. Pochi minuti dopo ad oltrepassare il portone in manette sarà  Tobia Imperato, 58 anni, nome di spicco dell’area anarco-insurrezionalista torinese. Rossetto e Imperato sono i primi a cadere nella rete della polizia che dopo sette mesi di indagini ieri all’alba ha chiuso la trappola per i violenti della Val di Susa. Le richieste di arresto erano sul tavolo del gip Federica Bompieri dall’inizio di gennaio: a lei il pool di magistrati che aveva ricostruito gli assalti al cantiere dell’Alta Velocità  di Chiomonte del 27 giugno e quelli ancor più violenti del 3 luglio (più di 200 feriti tra la polizia e i carabinieri) aveva chiesto quarantuno ordinanze di custodia cautelare. E ieri il giudice ne ha accolte 25, facendo finire in carcere non solo i leader dell’area antagonista torinese ma anche fantasmi degli anni di piombo come Paolo Maurizio Ferrari, 67 anni, cofondatore con Renato Curcio della Brigate Rosse, coinvolto nei sequestri del sindacalista Labate, del giudice Sossi e del dirigente Fiat Amerio, un irriducibile uscito dal carcere nel 2004 (arrestato a Milano), o come Antonio Ginetti, 61 anni, un ex di Prima Linea preso a Pistoia. In manette, all’alba di ieri, finiscono poi personaggi insospettabili come Guido Fissore, 67 anni, consigliere comunale di Villarfocchiardo, immortalato mentre colpisce un agente di polizia con la stampella che lo sostiene e come Mario Nucera, 59 anni, barbiere di Bussoleno. Altre undici persone tra cui un sindacalista di Cosenza sono denunciate a piede libero, per quattordici tra anarchici, antagonisti e attivisti No Tav rintracciati sino a Macerata il gip decide l’obbligo di dimora, un autonomo minorenne di Cremona finisce agli arresti domiciliari e per Isabelle Claudine Corentine Anicot, 29 anni, di Rouen, immortalata dai filmati della polizia a lanciare sassi, c’è il divieto di dimora nella provincia di Torino. «Non c’è nessuna intenzione di colpire il movimento No Tav, le cui ragioni possono essere giuste o sbagliate ma che non sta a noi magistrati giudicare- sottolinea Giancarlo Caselli, procuratore capo di Torino – noi ci siamo occupati esclusivamente di reati commessi nel corso degli assalti al cantiere di Chiomonte». Assalti che la Digos di Torino ha documentato con dovizia di particolari attraverso foto, filmati e rapporti spediti alle questure di tutt’Italia per l’identificazione dei responsabili. Come nel caso di Gabriele Filippi, un antagonista di Genova, immortalato dapprima con la faccia nascosta dalla maschera antigas poi a volto scoperto mentre libera il carabiniere sequestrato per pochi minuti durante gli scontri del 3 luglio urlando: «Il prossimo non torna indietro». Sul “rapimento” del militare la Procura ha aperto un’altra inchiesta. «Come abbiamo fatto per le denunce di decine di manifestanti che hanno lamentato violenze da parte delle forze dell’ordine» sottolinea Caselli. Il movimento No Tav reagisce con sgomento. Alberto Perino, il pensionato che da anni si è messo alla guida del movimento definisce gli arresti «un’operazione poliziesca di stampo fascista». La sera molti si ritrovano davanti al negozio di Nucera a Bussoleno per una manifestazione improvvisata a cui partecipano anche i sindaci della zona, in gran parte di centrosinistra, che negli ultimi tempi, spaventati dalla violenza, sembravano aver abbandonato la protesta. E sulla manifestazione già  programmata per domani nel centro di Torino si addensa una nube di tensione.

Le carte dell’inchiesta però sono inequivocabili: il movimento No Tavè stato infiltrato da violenti provenienti da tutta Italia. Accanto a relitti del terrorismo ci sono ragazzi come Stefano Latino, 19 anni, figlio di Claudio, arrestato nell’operazione Tramonto sulle nuove Br. E anche i più giovani degli arrestati hanno fedine penali che contano decine di arresti e denunce. Maja Cecur, bosniaca (tra gli indagati ci sono altri stranieri: uno spagnolo, un ecuadoriano e un romeno) è un’anarcoinsurrezionalista pluridenunciata. Ieri, appena arrivata in carcere, ha sorpreso tutti dicendo: «Sono incinta». Il gip le ha concesso gli arresti domiciliari.


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