Corsa contro il tempo l’olio già sporca il mare
Fari potenti illuminano pezzi di mare nero. La notte è cominciata ma nessuno si può fermare. Un rimorchiatore rosso, l’Ecogiglio – è del ministero dell’Ambiente ed è partito da Porto Santo Stefano – sta stendendo sul mare le prime «panne». Sono quelle barriere che dovrebbero assorbire il gasolio, se la Costa Concordia finisse in fondo al mare, se le 2800 tonnellate di carburante minacciassero ogni vita in questo Santuario dei cetacei che si estende da Giannutri all’Elba. Fino ad oggi si è pensato solo a ciò che era «dentro» la nave. C’erano vite da salvare, e il commissario di bordo Manrico Giampedroni e due giovani sposi coreani ricorderanno per sempre gli uomini con le divise dei vigili del fuoco che sono arrivati a tirarli fuori dall’incubo. Sei poveri morti troveranno un cimitero e una corona di fiori. Ma adesso bisogna guardare oltre la grande nave uccisa da un comandante che l’ha mandata a sbattere contro un scoglio.
«Il mare è salito», dicono quelli che abitano qui e dal mare prendono ogni risorsa. Due metri in più, rispetto a ieri, per un’alta marea spinta da un forte libeccio. E così «la nave si è messa a camminare». Pochissimi centimetri che però fanno paura. «La Costa Concordia – dice Luca Cari dei vigili del fuoco – alle 11,30 si è alzata all’improvviso di 9 centimetri ed è ricaduta spostandosi di un centimetro e mezzo verso lo strapiombo di 70 metri. Sembrano numeri minimi, ma bisogna tenere presente che la Concordia pesa 114.500 tonnellate. Sono stati i laser a segnalarci questo movimento». Tutto è cambiato, dopo le 11,30. La nave è stata evacuata. Tutti i soccorritori sono stati salvati con un elicottero da altri soccorritori, il corpo di una vittima – la sesta accertata – che era stato trovato nel ponte 2 è stato lasciato sul posto, già avvolto nel sacco mortuario.
Nei prossimi giorni è previsto mare grosso, e questo spaventa chi tenta di mettere riparo a questa tragedia. Se la nave cade nel dirupo di settanta metri, ogni intervento diventerà più difficile se non impossibile. La Concordia si potrebbe anche spaccare, provocando un inquinamento inarrestabile. Per questo il ministro all’Ambiente, Corrado Clini, dopo una riunione in prefettura a Grosseto, lancia l’allarme. «Abbiamo poco tempo per svuotare i serbatoi di carburante. La nostra massima priorità è circoscrivere la zona il più presto possibile». Mentre si posano le prime panne, già si trovano in mare tracce oleose. «Ci sono trafilamenti di materiale liquido – conferma il ministro – ma non sappiamo se arrivino dai serbatoi o da altre parti della nave. Stiamo facendo rilievi per capire l’origine di queste perdite». La nave è sotto sequestro, per ordine della magistratura, «ma questo non esime l’armatore Costa dall’obbligo di presentare e adottare le misure necessarie per rimuovere i fattori di rischio. Queste misure debbono arrivare subito e noi le esamineremo immediatamente».
Una corsa contro il tempo. Arriva sull’isola anche l’ingegnere Alfio Pini, comandante generale del Corpo dei vigili del fuoco. «Sì, c’è il rischio che si possa perdere la nave. Le condizioni del mare possono incidere pesantemente. Quando finiremo di intervenire in questa emergenza? Posso rispondere soltanto che in Abruzzo, a quasi tre anni dal terremoto, siamo ancora presenti». L’evacuazione delle 11,30 è un segnale pesante. Con una vedetta della Guardia di Finanza si arriva sotto la nave pochi minuti dopo il segnale di allarme, tre colpi di sirena e un fischio per tutti i vigili del fuoco che sono dentro le cabine, i saloni, il corridoi. L’elicottero cala il verricello e gli 11 vigili, uno ad uno, salgono rapidamente. L’operazione dura 6 minuti in tutto. «Per fortuna – raccontano – eravamo in pochi. L’evacuazione, con decine o centinaia di soccorritori, sarebbe stata impossibile. Per ognuno di noi impegnato in un’ispezione dentro o fuori dall’acqua, ci deve essere almeno un altro vigile pronto ad aiutarlo in caso di bisogno. Adesso ogni azione di recupero è purtroppo sospesa».
La Costa Concordia ora è davvero sola. I rimorchiatori si allontanano, si riparano sotto costa. Nessuno sopra, nessuno dintorno. Se la nave con 1500 cabine e 58 suites scivolasse nel dirupo, le barche intorno sarebbero travolte dal risucchio. La radio della vedetta Falcon delle Fiamme gialle annuncia a ripetizione: «Attenzione, mare forza 4 in aumento, libeccio in aumento…». Per almeno tre ore nessuno si avvicina alla nave.
A terra le facce dei vigili e degli uomini della Guardia costiera sono avvilite. Sono arrivati da mezza Italia per aiutare chi è stato vittima del disastro e ora sono costretti a stare fermi. «C’è stato un forte rumore, quando la nave ha avuto il sobbalzo. Immagini di essere in una cattedrale di marmo che all’improvviso si solleva e si sposta». Alle 15 ripartono i soccorsi, ma «solo fino a quando ci sarà luce naturale. Entrare là al buio è pericoloso oltre che inutile». È così possibile recuperare e caricare su una lancia il corpo della sesta vittima. Parte anche una motovedetta dei Carabinieri, per mostrare ai cronisti il lavoro dei «Ris del mare» e dei Gis, i Gruppi di intervento speciale. «Quando c’è un delitto in un appartamento, i Ris fanno i rilievi. Anche qui è stato commesso un delitto e noi cerchiamo le prove». Certo, si sa che la nave è stata portata troppo vicina alla costa e che ha colpito uno scoglio. «Ma noi, nella parte sommersa di questo scoglio, abbiamo trovato anche le tracce del liquido antialghe che è spalmato sulla chiglia della Concordia. Questo è certamente il “punto d’urto”, abbiamo trovato pezzi di lamiera della nave grandi come una Fiat 128. Si lavora così anche nei rilievi per gli incidenti stradali. Una prova in più è sempre utile».
La motovedetta passa davanti al porto del Giglio, arriva a pochi metri dalla nave abbandonata. «Ecco, su quel canotto ci sono uomini del Gis. Cercano nuovi punti di ingresso alla nave. Con il mare grosso la fiancata che guarda verso il mare aperto è diventata troppo pericolosa, dobbiamo cercare da questa parte. Non dovremmo avere problemi. I Gis sono specializzati nel salvataggio degli ostaggi e nella ricerca dei latitanti. Sono esperti nell’abbattimento di ogni ostacolo. Entrati nella nave, anche con microcamere, cercheranno di trovare i corpi di chi è ancora dentro la nave».
Si piega ogni ora di più, il grande relitto. Nel primo giorno dopo il naufragio sul ponte alto si vedevano due grandi «palloni», cinque o sei metri di diametro, che contengono le antenne per la comunicazione. Ora il pallone a destra del ponte è sommerso. Dallo squarcio di ottanta metri si vede adesso la sala macchine. Sono ancora penzolanti nel vuoto le zattere rosse che si sono incagliate durante la fuga dei naufraghi. Dai balconi delle suites si vedono letti e armadi distrutti e altre camere che sembrano appena riassettate. Settanta lettini prendisole sono perfettamente al loro posto, legati a una parete accanto a una piscina.
Oggi, o forse domani, arriverà il «pontone», una zattera – sarà trainata da un rimorchiatore – che pomperà il gasolio dai serbatoi della Costa Concordia verso quelli di una nave cisterna. «In verità – dice Mauro Pretti, responsabile Soccorso a mare del Giglio – il carburante di queste navi è una specie di catrame, sembra il bitume delle strade. Bisognerà riscaldarlo, per renderlo fluido». I fari illuminano l’Ecogiglio che sta posando altre centinaia di metri di panne. La nuova emergenza è appena iniziata.
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